Il Passatore
di Andrea Trentini
Ripristinata la situazione politica, la lotta alla piaga del banditismo si fece spietata. Fu ingaggiato il colonnello pontificio Michele Zambelli con l’incarico di uccidere il Passatore. Gli furono affidati i migliori soldati disponibili e completa libertà di movimento. Fu istituito il Giudizio Statuario, un vero e proprio tribunale militare creato per piegare definitavene le velleità di sediziosi e briganti.
Il rischio della fucilazione immediata per i briganti e i loro complici, a qualunque titolo, salvo un immediato pentimento e la disponibilità a collaborare, fecero terra bruciata intorno al Passatore. La mattina del 23 marzo 1851 fu denunciata la sua presenza in un capanno sulle rive del Lamone nei dintorni del Boncellino. Vi si era rifugiato insieme con un compagno di avventura per passarvi la notte. Cinque militari della Linea Pontificia e quattro volontari accorsero sul posto e dopo una breve sparatoria Stefano Pelloni, il Passatore, cadeva morto con la faccia nell’erba.
Ci furono polemiche per aggiudicarsi il merito dell’uccisione per intascare la cospicua taglia. Intanto il corpo del Passatore, caricato su un carretto, fu trasportato ed esposto nelle città e paesi teatro delle sue gesta. Due giorni dopo raggiunse Bologna già in avanzato stato di decomposizione dove, dopo un sommario quanto dubbioso riconoscimento da parte di un suo fratello, venne sepolto nel cimitero della Certosa di Bologna, in un recinto, all’esterno della zona consacrata, detto il campo dei traditori.
La leggenda del Passatore aveva già cominciato a prendere corpo quando lui era ancora in piena attività. Durante le soste del corteo funebre, accanto ai possidenti plaudenti per l’uccisione del mostro, la stragrande maggioranza del pubblico era composta da braccianti e donne in lacrime. La sua temerarietà, e la capacità di tenere testa alle autorità gli avevano fatto assumere il ruolo di simbolo di riscossa e di speranza per tutto un popolo. Giovanni Pascoli nella sua poesia, Romagna, lo definisce il Passator cortese. La leggenda vuole che rubasse ai ricchi per donare ai poveri. Di certo il danaro ricavato dalle rapine veniva generosamente regalato a tutti coloro dai quali poteva trarre giovamento; quindi case aperte ad asilo, vettovaglie, aiuti e favori pronti e sicuri, avvisi fedeli e così via. Lo stesso Garibaldi ha aiutato ingenuamente a creare il mito proponendosi, in una lettera dall’America, di baciare il piede di quel bravo italiano.
Di cortese nelle fucilate e nella violenza con cui si accaniva sulle sue vittime, ci dovette essere ben poco. Il professor Leonida Costa nel suo libro Il rovescio della medaglia, utilizzando i verbali ufficiali relativi alla vicenda di Stefano Pelloni, ha cercato di rimettere un po’ di ordine nella vicenda dimostrando, documenti alla mano, che il Passatore amato e stimato dal popolo non è mai esistito. La storia indica un solo inequivocabile Passatore: quello che si distinse nelle rapine, nelle atroci vendette, nelle torture, negli stupri, nei brutali assassinî, nel vilipendio dei cadaveri.
Ma il tempo sana tutte le ferite. Oggi le iniziative intitolate al Passatore si contano a decine, vanno dalla podistica all’enologia, dalla gastronomia al turismo, dai tornei di scacchi ai francobolli, alle canzoni e via dicendo.
E poi diciamocelo sinceramente, quando troviamo qualcuno capace di farsi rispettare, inconsciamente ci viene in mente qualche nostro conoscente cui una ripassatina farebbe proprio bene. Per fortuna, in genere, l’educazione, la morale o anche solo la diplomazia o il rischio di buscarle ci fa desistere, ed evocare chi potrebbe averlo fatto può essere fonte di pur fuggevole consolazione.