La tua diletta Felsina
O Bassi invitto e forte
Afflitta, inconsolabile
Ognor della tua morte,
Attende con un fremito
Della vendetta il dì.
Quante versaste gocciole
Del sangue tuo innocente,
Tante straniere vittime
Cadran dal freno spento
E quante ore trascorsero
Da quel funereo dì.
I corpi di Ugo Bassi e Giovanni Livraghi vennero in un primo momento coperti di terra; sulla fossa di Bassi fu posta una corona di palma. Immediato e continuo fu, nei primi giorni dopo la morte, il pellegrinaggio dei bolognesi, uomini e donne, al
luogo del martirio, come venne subito definito il terreno dove era avvenuta la fucilazione, luogo segnato da quel ramo di palma e della scritta:
Giace fra i morti – il P. Ugo Bassi – Pregate Iddio – Fu moschettato – da chi tradì Italia e Pio. Nella notte tra il 18 e il 19 agosto gli austriaci riesumarono il cadavere del padre barnabita e lo fecero trasportare al Cimitero della Certosa collocandolo in
luogo appartato e ignoto al pubblico, facendo circolare la voce che l’occultamento fosse stato opera dei suoi devoti.
Da una cronaca locale datata 4 ottobre 1917, sembra che durante il trasporto della salma di Ugo Bassi al Cimitero, il Custode Dimostratore della Certosa, Signor Carlo Sibaud (
v. Jourdelò n°21, Nov 2012), si sia impossessato del cappello di Bassi. È con questo articolo dal titolo
Ancora attorno all’ultimo cappello, e l’immagine del cappello
rubato e forse ritrovato di Bassi, che 8cento chiude la messa in scena del Gran Ballo dell’Unità d’Italia 2013, lasciando aperta la speranza che la tragica fine del padre barnabita possa offrire a tutti noi l’occasione di riappropriarci del passato per consegnarla alla memoria, una memoria mantenuta viva attraverso pubblicazioni, testi, poesie e drammi ispirati alla sua vita.
Immagine nella pagina: C. Ademollo, Ugo Bassi nel carcere di Comacchio, 1867 (particolare), Museo civico del Risorgimento, Bologna