Il 22 aprile 1897, a Napoli, l’anarchico Pietro Acciarito si rese autore di un attentato al Re Umberto I. Fu un cittadino in bicicletta a catturare l’Acciarito.
Scoppiò un’accesa polemica poiché l’opinione pubblica si chiedeva dove fosse la polizia che avrebbe dovuto seguire la carrozza del Sovrano.
Emerse che il servizio scorta della polizia non disponeva di proprie carrozze e propri cavalli, l’ispettore di servizio dovette noleggiare una carrozza in piazza ed i vetturini di piazza non ce l’avevano fatta a stare a stretto contatto con la carrozza reale tirata da ottimi e veloci cavalli.
Come poteva essere successa una cosa del genere? Quale ruolo rivestiva esattamente la polizia? Come era vista nella società civile? E soprattutto: come la vivevano gli appartenenti al corpo?
Nell’Ottocento l’apparato dell’ordine e della sicurezza pubblica aveva vissuto una vera evoluzione, anche se le istanze liberali si erano fatte strada a fatica tra gli influssi ancora vivi dell’assolutismo e non sempre erano prevalse. Il lento processo verso l’Unità d’Italia e le graduali annessioni dei territori al Regno piemontese avevano modellato il ruolo della polizia a seconda delle istanze politiche predominanti e dei diversi contesti sociali, rendendo a volte difformi le stesse modalità e possibilità di azione dei tutori dell’ordine.
Il trasferimento della direzione politica dell’ordine e della sicurezza pubblica dalle autorità militari alle autorità civili si cominciò a compiere nei primi decenni dell’Ottocento. In particolare, esso fu sancito nell’ambito della legislazione del Regno di Sardegna nel 1821 dalle Regie Patenti, che devolvevano dette funzioni alla Regia Segreteria di Stato per gli Affari Interni.
Nel Lombardo-Veneto, sotto la dominazione austriaca, la polizia, intanto, rappresentava la sola struttura di potere concretamente visibile agli occhi della gente. Essa non agiva solo come mero strumento di repressione agli ordini dell’imperatore austriaco, ma, nei rapporti di ordinaria amministrazione, spesso si poneva quale unico mediatore tra le autorità locali e la popolazione e sovente si dimostrava propensa a difendere i diritti di quest’ultima dalle angherie delle istituzioni locali, che tendevano a favorire gli interessi delle classi più abbienti. In tale contesto il regolamento del 1829, trasformando l’istituzione in Guardia civile di polizia, minò, in gran parte, proprio quelle caratteristiche di autonomia; il corpo di polizia divenne uno strumento del controllo governativo.
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Q. Cenni, Collegi Militari