Viaggio (andata e ritorno) nell’alimentazione a Bologna nell’Ottocento

di Stefano Lollini

La Rana 1 (Miniatura 219x164 px)Secolo di svolta in tantissimi settori, anche nell’alimentazione l’Ottocento presenta novità e cambiamenti a volte impensati, che cambiarono anche le abitudini dei cittadini bolognesi, in parte grazie all’apporto delle nuove scoperte tecnologiche applicate alla produzione e trasformazione degli alimenti.

Bologna aveva una popolazione che dagli iniziali 60.000 abitanti circa giunse a fine secolo a quasi 100.000.

Sulla tavola di gran parte di essi la carne compariva raramente, spesso solo nelle festività; per soddisfare la necessità calorica, allora molto forte per chi lavorava all’aperto e/o con la forza delle braccia, dovevano essere assunte ingenti quantità di alimenti ricchi in calorie come pane, pasta, riso e, soprattutto nelle aree appenniniche, castagne.

Un’alimentazione del genere era però fortemente sbilanciata, deficitaria nell’apporto di altri elementi nutrizionali come proteine e vitamine, e poteva portare allo sviluppo di malattie anche molto complesse.

Fra le varie tipologie di pane in vendita presso i fornai, il pane venale era quello più a buon mercato e di minor qualità, essendo composto anche di crusca, ed era il più diffuso fra la popolazione meno abbiente. Di miglior qualità erano il pane di fiore e il pane di lusso preparato con latte, strutto o olio. Nella prima metà dell’Ottocento prevaleva ancora la pagnotta tradizionale bolognese, chiamata tiera. Prese poi piede la produzione di altre tipologie di pane, in particolare il pane viennese, preferito dai più abbienti, e il pane francese, piemontese, ferrarese. Nella seconda metà dell’Ottocento si cercò di stimolare anche il consumo di pane di patata (che differenza con i nostri giorni! Oggi i pani preparati con farine integrali, poco raffinate o farina di mais sono al contrario di allora molto apprezzati e ricercati).

Nell’alimentazione dei bolognesi era basilare la pasta all’uovo fatta in casa nelle sue varie forme: soprattutto le tagliatelle, le lasagne (verdi perché fatte con spinaci nell’impasto), la gramigna, i maccheroni, i fidelini, gli strichetti. Le tagliatelle, allora come oggi, erano larghe per abbinarle al ragù, più strette per la preparazione col prosciutto, ancora più strette per la minestra in brodo.


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Vignetta tratta dal giornale satirico La Rana
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Maggio 2017 (Numero 27)

Vignetta tratta dal giornale satirico La Rana, n. 19

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