Furore soleva scrivere già sulla busta Gioachino per preannunciare alla madre Anna e, in seconda battuta, al padre Giuseppe il clamoroso successo di pubblico ottenuto dalla sua nuova opera. Oppure, in caso contrario,
Fiasco, magari disegnando il recipiente. Ora più grande, ora più piccolo. E, accanto al nome di Anna Guidarini, aggiungeva
madre del celebre compositore Gioachino Rossini.
Compiva giusto vent’anni il 29 Febbraio di quel bisestile 1812 e visse l’intero anno con una irrepetibile intensità. Proiettato ormai al di fuori della cerchia di mura bolognesi, fra Venezia, soprattutto, e Milano.
La pietra del paragone ebbe alla Scala ben cinquantatré repliche.
Un trionfo inusitato, durato mesi, di pubblico e di critica.
Il redattore musicale del
Corriere Milanese doveva essere un finissimo intenditore se annotò acutamente:
Allevato coi principi di una scuola severa, egli si distingue dalla moltitudine degli odierni compositori, per un colorito splendido e vivace, per uno stile originale e per certa misurata sobrietà nelle cantilene, con che sembra tenere la via di mezzo tra la robustezza tedesca e la melodia italiana. L’anonimo estensore di questa nota aveva capito tutto. Rossini stava applicando, consapevolmente, alle opere buffe, sempre più trasformate in commedie di costume, procedimenti e tecniche da opere serie, anzi serissime, con effetti incredibili di straniamento.
La bufera del Barbiere L’opera
Il barbiere di Siviglia, quando venne rappresentata per la prima volta, aveva in realtà un altro titolo: era
Almaviva, o sia l’inutile precauzione. La prima rappresentazione andò in scena a Roma, al Teatro Argentina il 20 febbraio del 1816, quattro giorni dopo la scomparsa dell’impresario, il Duca Francesco Sforza Cesarini. Fu uno degli insuccessi più clamorosi del Maestro e della storia del melodramma. Gioachino, come abbiamo detto prima, diede testimonianza di questo insuccesso inviando ai genitori una missiva. Scriveva che la sua opera era stata
Solennemente fischiata o che pazzie che cose Straordinarie si vedono in questo paese sciocco. Era sbalordito, ma fiducioso nei confronti di un prossimo successo. Infatti ribadiva che la musica era bella assai e aspettava la seconda recita dove si sarebbe potuta sentire la musica, cosa che non accadde durante la prima rappresentazione perché
dal principio alla fine non fu che un immenso sussurro che accompagnò lo spettacolo. Quindi Gioachino confidava sulla seconda soirée.
Attorno alla rappresentazione de
Il barbiere di Siviglia si raccontarono addirittura moltissimi aneddoti, alcuni veri, altri inventati. Tra questi, girava la voce che l’abito indossato dal maestro Rossini fosse piuttosto bizzarro: un abito di foggia spagnolesca colore cioccolata, che avrebbe suscitato l’ilarità degli spettatori. Un secondo aneddoto riguarda un gatto nero che circolava per la scena; oppure, l’incidente occorso al basso che interpretava Don Basilio il quale fece una caduta rovinosa a faccia in giù e rimase col suo naso sanguinante. Inoltre, di un cantante si diceva che fosse portatore di sfortuna, un vero menagramo.
Il barbiere di Siviglia è l’opera di Rossini più rappresentata.
Immagine nella pagina: Busta di una lettera di Gioachino Rossini alla madre