Mazzini e il dissidio con Fabrizi negli anni della tempesta e del dubbio

di Luciana Lucchi

Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d’accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome Giuseppe Mazzini.

Klemens, principe di Metternich-Winneburg, 1773-1859

Mazzini sceglie l’esilio (Miniatura 219x144 px)Nel 1836 Mazzini ha solo trentun anni, ma è già provato dalle vicissitudini affrontate a partire dalla sua adesione alla Carboneria nel 1827. Stravolto dai sensi di colpa, sta effettuando una feroce autocritica del proprio recente passato; si sente responsabile dei lutti e dei dispiaceri che il suo agire ha procurato in coloro che egli maggiormente ama: i genitori, gli amici, i compagni d’esilio. Lui stesso definisce il biennio 1836-37 gli anni della tempesta e del dubbio. Cosa gli è accaduto per provarlo a tal punto?

Il primo evento accade nel 1830, quando Raimondo Doria (1793-1835), l’amico davanti al quale presta il giuramento di iniziazione alla Carboneria nel 1827, confida il suo nome alla polizia piemontese che, il 13 novembre 1830, lo arresta e lo incarcera nella fortezza di Priamar a Savona. Per la prima volta Mazzini sperimenta sia lo sconforto del tradimento che la durezza della detenzione: Il primo mese non ebbe libri, poi ottenne una Bibbia, un Tacito, un Byron: ebbe pure, per compagno di prigione, un lucherino, uccelletto pieno di vezzi e capace d’affetto, ch’egli prediligeva; aveva anche la sua chitarra, sulla quale cantava mestamente, come l’abbiamo sentito tutti noi, a rari intervalli, in età più avanzata. Così Jessie White Mario (1832-1906) descrive quel periodo in Della vita di Giuseppe Mazzini, edito nel 1886, un’analitica biografia ove la cronologia degli accadimenti è integrata da scritti autobiografici dello stesso Mazzini.

Durante la detenzione nella fortezza di Priamar, Mazzini riflette sugli aspetti precipui della Carboneria individuandone i limiti: nell’organizzazione farraginosa; nell’estrema segretezza; nell’assenza di un comune progetto di azione tra i vari circoli carbonari. Elabora così una nuova organizzazione diversa per struttura e per modalità d’azione e non vede l’ora d’essere scarcerato per costituirla al più presto, ma non ha fatto i conti coi progetti che ha in mente per lui il conte Giuseppe Trincheri di Venanson, all’epoca Governatore di Genova. Venanson lo pone di fronte alla scelta: o risiedere confinato in uno sperduto paesino piemontese sotto la stretta sorveglianza della polizia, o lasciare gli Stati Sardi. Giuseppe opta per l’esilio poiché ha la necessità d’essere libero d’agire per realizzare il suo programma.
Il 10 febbraio 1831 il giovane esule, col cuore pieno d’entusiasmo, di poesia e di fede rivolgeva dal Moncenisio l’ultimo sguardo alla terra nativa, sguardo misto di dolore, d’orgoglio, e di esaltazione; perché se soffriva d’allontanarsi dalla patria dov’era superbo d’essere nato, presentiva però ch’ella risorgerebbe a nuova vita e ch’egli era predestinato ad infondergliela. Quella fredda mattina del febbraio 1831, quando Mazzini saluta i suoi cari, ignora che il commiato alle sue due sorelle ed al padre sia in realtà un addio. La prima tappa dell’esilio è Ginevra, seguono Lione e Marsiglia. In quest’ultima città, un nutrito gruppo di esuli italiani sta convergendo, per giungere in Italia attraverso la Corsica e combattere a sostegno del Governo delle Province Unite Italiane, sorto il 26 febbraio 1831 in seguito alla pacifica rivoluzione bolognese del 5 febbraio. Ad essi si aggrega anche Mazzini, ma quando giunge in Corsica le sommosse sono già state sedate, rientra a Marsiglia, ove conosce Nicola Fabrizi (1804-1885). Tra i due fuoriusciti nasce una solida e duratura amicizia che resisterà nonostante le profonde incomprensioni del lustro 1838-1843.


Immagine nella pagina:
G. Mantegazza, Mazzini sceglie l’esilio dopo mesi di carcere, 1831.
Tratta da J. W. Mario, Della vita di Giuseppe Mazzini, ed. Sonzogno, 1886. Colorata artificialmente.

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Maggio 2022 (n° 32)

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