
Fumo. Nebbia. Quella singolare mescolanza di entrambi che gli anglosassoni, con azzeccato neologismo, chiamano smog:
smoke e
fog insieme…
Fu questa la prima cosa, e forse l’unica, che vide Giuseppe Mazzini quando sbarcò a Londra il 12 gennaio 1837
sospinto dal vento gelato del Nord!, come scrisse ai suoi familiari.
Non una nebbia normale quindi, come poteva essere quella della Val Padana, ma una nebbia unta, puzzolente, che anneriva i muri e lasciava i vestiti lerci. Smog, per l’appunto.
Il viaggio dalla Svizzera, da dove era stato espulso dal locale Governo, era stato triste e faticoso. Per l’amarezza dell’esilio. Per la nostalgia della cittadina di Grenchen e delle valli svizzere, piene di aria pulita e gente alla mano, e in fondo non distanti dall’amata Italia. Poi per la non eccelsa compagnia: i fratelli Agostino e Giovanni Ruffini si erano dimostrati dei compagni di viaggio tutt’altro che collaborativi e solo l’arrivo di Angelo Usiglio, unitosi ai fuggitivi in Francia, aveva portato un po’ di sollievo a Mazzini.
E infine, l’arrivo a Londra. Per gli italiani che in quegli anni giungevano nella capitale britannica, la prima impressione era peggio di un cazzotto in faccia.
Molti di loro provenivano da piccole cittadine di provincia, spesso piccoli borghi medievali arroccati su montagne e colline, mentre Londra era gigantesca, caotica, confusa. All’epoca era la città più grande del Mondo, con ben 1.800.000 abitanti, più di un terzo della popolazione del Regno di Sardegna. Genova, allora, contava sì e no 200.000 residenti…
Londra, come già detto, era una realtà fatta di fumo e nebbia, ma anche di sporcizia e povertà, lavoro minorile ed emarginazione, criminalità e prostituzione. E con le onnipresenti acque del Tamigi, che non erano blu come quelle del Danubio o bionde come quelle del Tevere, ma grigio-marroni e maleodoranti, perennemente solcate da chiatte da trasporto merci. Una realtà in continuo movimento, di giorno come di notte, chiusa in sé stessa, nello spirito del tipico isolazionismo britannico, ma anche proiettata verso le lontane colonie dell’Impero, disperse ai quattro angoli del Mondo.
Immagine nella pagina: Fotografia di Léonard Misonne, 1899.