24 febbraio 1530: quando Bologna fu “caput mundi”

di Delia Lenzi

Infine la Chiesa di San Petronio era in corso di costruzione: non aveva ancora le altissime volte ma un soffitto a capriate di legno, similare all’antica Chiesa di Santo Stefano, mancava ancora di alcune cappelle, della parte finale del corpo della chiesa e dei bracci del transetto (alla cui costruzione si rinunciò definitivamente quando nel 1562 si costruì l’Archiginnasio, sede definitiva di tutte le Scholae ancora sparse per la città, corpus dell’insegnamento “universitario”, e con la sistemazione della piazza dietro all’abside - attuale Galvani - e del portico del Pavaglione, creando una lunga passeggiata coperta, gioiello dei portici bolognesi).

Fu approntato un largo ponte di legno che da una finestra del Palazzo Pubblico, slargata a divenire un ampio accesso, scendeva con dolce pendio curvando per entrare nel portone centrale di San Petronio. Tale ponteggio si ergeva su pali conficcati al suolo, coperto di panni turchini, preziosi tappeti ed arazzi, con due spalliere ai lati, sui cui correvano file di verzure (alloro, ginepro, mirto, edera, pino e cipresso) e fasci di fiori e altri fogliami formati con artificio simiglianti il naturale intervallati da scudi con le armi del Papa, della Chiesa e dell’Imperatore. De Vaena (Miniatura 219x301 px) Sul sagrato della chiesa, ai lati del ponte, erano state erette due cappelle di legno lavorate finemente, dorate e coperte di arazzi e sui cui altari rilucevano apparati di splendida argenteria. Il ponte continuava all’interno con altre cappelle di legname parimenti addobbate e splendidamente apparecchiate. In ognuna di queste Carlo compì azioni preliminari o preparatorie alla consacrazione. Per ultimo stava in fondo l’altare maggiore coperto d’ombrello e magnificamente adornato, con frange d’oro ed argento, come dello stesso metallo erano vasi, piatti, candelieri e tutto ciò che si conveniva a tale importante accadimento. Dietro vi erano il coro e spazi per musici e cantori, ai lati dell’altare due regali seggi con baldacchini oltre a palchi sopraelevati e a più piani per alloggiare convenientemente le personalità invitate e i più alti dignitari o prelati. Dal soffitto a capriate pendevano panni di vari colori e nelle navate minori erano stati preparati palchi per un pubblico selezionato che, volendo assistere, avrebbe potuto farlo pagando un diritto di accesso!

La cerimonia procedette fluida anche se accadde uno spiacevolissimo fatto. Passato da poco l’imperatore, il ponte cedette in una parte, rovinando sul pubblico accalcato e trascinando chi vi stava passando sopra. Il tutto fu sistemato velocemente e non vi furono altri intoppi. Le cronache narrano di molti feriti e morti fra chi assisteva e chi era sulla parte di ponte crollata (una tragica conferma al fatto si trova ancora oggi in Certosa, dove esiste la lapide del capitano spagnolo Diego de Vaena morse adi V de marzo de la coronatione de Charolo imperatore V.M.D.XXX).

Terminata la cerimonia, e consacrato ufficialmente l’Imperatore del Sacro Romano Impero, i due monarchi uscirono dalla Chiesa e, fra scambi di cortesie e omaggi, diedero insieme avvio ad un grande corteo che, partendo da San Petronio, passò davanti alle logge de’ Banchi, discese via degli Orefici, passò le Calzolerie, il Mercato di Mezzo, la Strada Maggiore sino al canto della Chiesa di San Tommaso (ora scomparsa ma che si trovava nel portico di Santa Maria dei Servi) per girare verso via Cartoleria Nuova (attuale via Guerrazzi), risalire da via Santo Stefano passando vicino a Palazzo Pepoli e nuovamente nella via Clavature, dove i cortei si divisero e Carlo, tramite via Toschi e piazza de’ Calderini, si recò alla Chiesa di San Domenico (che fungeva momentaneamente da San Giovanni in Laterano così come San Petronio aveva assunto momentaneamente il titolo di San Pietro in Vaticano) e dove si svolse un’altra parte del cerimoniale che prevedeva anche la nomina di oltre duecento nuovi cavalieri. Infine, per la via Larga di San Domenico (attuale via Garibaldi) e per Strada San Mamolo (attuale via D’Azeglio) tornò al Pubblico Palazzo.


Immagine nella pagina:
Lapide di Diego de Vaena, posta a lato dell’ingresso della Chiesa di S. Girolamo, Certosa di Bologna (foto di Delia Lenzi)

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