Medievali, gotici, rinascimentali, barocchi, liberty, déco, razionalisti, alti, bassi, larghi, stretti… ecco a voi gli amati portici di Bologna, che dal 2021 sono stati dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Tanto si è detto e scritto per celebrarli ed è difficile aggiungere qualcosa di nuovo. Io ci provo proponendovi di seguirmi in un vero e proprio tour alla scoperta di meraviglie nascoste tra capitelli, colonne, angoli dimenticati o da riscoprire semplicemente alzando lo sguardo dai nostri pensieri quotidiani.
E allora partiamo, senza dar retta alla cronologia, ma seguendo il filo della bellezza e dello stupore: incominciamo attraversando piazza Cavour ed arriviamo al portico della Banca d’Italia. Un inizio davvero speciale, guardiamo in alto e perdiamoci tra le immagini raffinate, dipinte dal pittore Gaetano Lodi su invito dell’architetto Antonio Cipolla nel 1866: soggetti religiosi, fantastici, animali mostruosi, ninfe, simboli ermetici, ma anche piccole riproduzioni di luoghi reali, cartoline della città ottocentesca e dell’Italia che stava per nascere. Un labirinto visivo di difficile interpretazione, tipico dello stile elegante e raffinato a grottesca, derivante dalle antiche pitture della Domus Aurea, riscoperta e celebrata nel Rinascimento e poi fino all’800.
Attraversiamo ora via Farini, l’arteria moderna costruita nel 1864 demolendo borghi medievali e quartieri popolari, che ricorda la Parigi del passeggio e delle piazze eleganti, così alla moda sul finire del secolo, e infiliamoci sotto le arcate del portico del Pavaglione. Un nome che ci riporta indietro nel tempo, quando qui già nel XIV secolo si teneva il mercato dei folicelli o bachi da seta, così delicati da dover essere protetti dal sole da un tendone detto in dialetto Pavajon. Quel filo prezioso arricchì la città e ci fu un periodo in cui nessuna dama poteva rinunciare al velo di seta bolognese, oggetto del desiderio quanto oggi i foulard di celebri stilisti. E poi… prendetevi un attimo e guardate sotto i vostri piedi, ecco le grandi e piccole ammoniti fossili che vengono da un tempo lontano e che sono imprigionate per sempre nel meraviglioso marmo rosso. Questo portico venne ricostruito nel 1563, in seguito all’edificazione dell’Archiginnasio voluto dal Legato pontificio di Bologna, il cardinale Carlo Borromeo, e dal Vicelegato Pier Donato Cesi e progettato dall’architetto Antonio Morandi, detto il Terribilia. Si possono notare le volte quattrocentesche originarie, mentre le colonne in cotto vennero sostituite; era il tempo del Concilio di Trento e si voleva dare una sede unitaria ai vari insegnamenti dell’antico Studium sparsi nella città. Ed ecco il bellissimo portone con i simboli del potere papale che vigilava sugli insegnamenti universitari.
Immagine nella pagina:
Il portico della Banca d’Italia