Appena il sipario rosso si aprì, il mondo reale che era intorno ad Ariel scivolò via ai lati della ragazza, come se fosse fatto di fumo o d’acqua, come se un drappo scolorito e strappato fosse stato rimosso da sopra le cose e un mondo più bello e più colorato di quello vero la afferrasse per il bavero e la trascinasse al suo interno.
I Goldbaum amavano collezionare la bellezza: mobili Luigi XVI di squisita fattura, dipinti di Rembrandt, Leonardo e Vermeer, e poi grandi dimore, ville e castelli in cui esporli. Collezionavano gioielli, uova Fabergé, automobili, cavalli da corsa e debiti di primi ministri. Anche Greta Goldbaum seguiva la tradizione di famiglia. Lei collezionava guai.
Vagava per i corridoi della biblioteca dell’università, in mezzo a migliaia di libri, inalando l’odore stantio del cuoio e della tela delle vecchie pagine, come se fosse un incenso esotico.
La tenevano prigioniera da quasi due mesi, ma in quel luogo il tempo scorreva penosamente lento. Cercò di non tornare con la mente a quello che aveva dovuto sopportare, a cosa la costringevano a fare, a chi le ordinavano di essere.
Quando entrai in aula e presi posto, gli interrogativi pressavano … il professore entrò, salutò, ci contò velocemente. Si soffermò su di me e sorrise. Ero l’unica donna.
Grace si affrettò a riavvolgere le foto nel merletto e rimettere tutto al proprio posto. Ma il merletto si era spiegazzato e lei non riusciva a riporre il mazzetto nella busta. Il suono delle sirene si stava avvicinando. Non c’era tempo.