Verso l’Unità d’Italia
Passata anche la breve stagione rivoluzionaria del 1831-32 le donne, come in realtà anche gli uomini coinvolti in quell’esperienza, rientrarono nell’ombra, come sempre però senza perdere la memoria di quanto accaduto.
Ciò che segnò la profonda differenza col decennio precedente fu in quel momento storico la discesa in campo di una personalità dirompente: Giuseppe Mazzini, i cui scritti iniziarono a circolare dalla prima metà degli anni ‘30. Rifacendosi ad essi, un numero sempre più alto di donne iniziò ad interessarsi di tutto ciò di cui abbiamo appena parlato: diritti anche declinati al femminile, emancipazione o almeno raggiungimento della parità tra i sessi, insomma, diritti e doveri per tutta la “famiglia umana”.
...Davanti a Dio Uno e Padre non v’é uomo né donna, ma l’essere umano, l’essere nel quale, sotto l’aspetto d’uomo o di donna, s’incontrano tutti i caratteri che distinguono l’Umanità dall’ordine degli animali: tendenza sociale, capacità d’educazione, facoltà di progresso. Dovunque si rivelano questi caratteri, ivi esiste l’umana natura, uguaglianza quindi di diritti e di doveri… L’emancipazione della donna dovrebb’essere continuamente accoppiata per voi coll’emancipazione dell’operaio e darà al vostro lavoro la consecrazione d’una verità universale.
Tornando all’universo femminile, in questi anni troviamo dunque su un versante le donne “moderate”, animate da spirito patriottico, accompagnato in genere da un forte interesse per il miglioramento delle condizioni di vita delle classi disagiate. Si trattava spesso di donne aristocratiche o alto-borghesi, mosse da uno spirito filantropico che si andava distaccando dalla mera carità di matrice cattolica – anche se comunque anche questo mondo andrebbe indagato attentamente, non essendo certo monolitico – che ritenevano necessario non ricorrere più solo alle elemosine, ma al contrario insegnare un mestiere alle donne, educare i bimbi insegnando loro a leggere e scrivere, ad occuparsi della propria persona, a sentire afflato patriottico per la causa nazionale.
Sull’altro versante, le “mazziniane” portavano avanti principi in fondo molto simili, pur se declinati alla luce dei principi del Maestro: emancipazione economica e legislativa e parità di diritti e doveri, anche se in realtà ancora ben poche pensavano ad una emancipazione politica, lasciata (si pensi al diritto di voto) al genere maschile. Insomma, negli anni ‘40-’50 in Italia (e in Europa) non troviamo nulla di paragonabile all’esperienza americana della Dichiarazione di Seneca Falls, considerato l’atto fondamentale del movimento di rivendicazione del diritti delle donne, scritto da donne nel 1848 con esplicita ispirazione alla Dichiarazione d’Indipendenza di Thomas Jefferson.
Per questa fase storica esistono tanti esempi e tanti nomi da ricordare. Le donne che scesero in campo furono infatti sempre più numerose, e ne abbiamo sempre più abbondanti testimonianze, grazie alle tante raccolte epistolari, agli articoli di riviste, alle narrazioni a posteriori, ai proclami firmati, alle produzioni letterarie, ecc. Si potrà obiettare che, al solito, sono testimonianze di parte: ma ciò vale sia per gli uomini che per le donne. Le testimonianze dirette sono lasciate solo dagli alfabetizzati. Per gli altri si rischia, come è accaduto, di perdere la cognizione della reale partecipazione, se non se ne trovano tracce in altre testimonianze o nelle relazioni di polizia. Inoltre, le difficoltà per il mondo femminile non erano certo scomparse. Anche tra gli uomini più importanti del movimento di unificazione molti si dimostrarono fortemente misogini: da Antonio Rosmini, secondo cui
la natura della donna è sottordinata come compimento ed aiuto a quella dell’uomo. Sragiona oltre misura colui che consiglia di trasportare la democrazia nel seno stesso di ciascuna famiglia… compete alla moglie l’esser quasi un’accessione, un compimento del marito, tutta consacrata a lui e dal suo nome denominata...
o a Nicolò Tommaseo, secondo il quale
Altro malanno del tempo odierno è la femmina che, per voler fare da uomo, non sa più essere donna...
fino a Vincenzo Gioberti, secondo il quale la donna è debole e bisognosa di appoggio e aiuto, e cerca un
essere più forte che la protegga… quindi è che alcuni antichi chiamarono la donna un uomo dimezzato… La donna insomma è in certo modo verso l’uomo ciò che il vegetabile verso l’animale, o la pianta parassita verso quella che si regge e sostenta da sé.
Se poi si pensa che anche verso la fine del XIX secolo personaggi di primo piano come Cesare Lombroso o addirittura Paolo Mantegazza facevano valutazioni simili, possiamo ben capire come le parole di Mazzini trovassero entusiaste seguaci tra il mondo femminile!
Immagini nella pagina:
Luisa (Luigia) Battistotti Sassi, da “Il Mondo Illustrato. Giornale Universale”, a. II, Torino 1848, p. 309, Museo civico del Risorgimento di Bologna.
Brigida Fava Ghisilieri Tanari, anni 60 del XIX secolo, fotografia, Museo civico del Risorgimento di Bologna.