LA TORRE DEGLI ASINELLI
Si narra che all’inizio del XII secolo viveva a Bologna un giovane, che di mestiere trasportava sabbia e ghiaia dal fiume Reno ai cantieri della città, che era soprannominato Asinelli a causa degli asini che usava per trainare il suo carro. Un giorno, girando per la città, vide una bellissima fanciulla affacciata ad una finestra e se ne innamorò perdutamente.
Alla sua richiesta di matrimonio il padre della ragazza, appartenente ad una ricca e nobile famiglia, per schernirlo, affermò che gli avrebbe concesso la mano della figlia solo se avesse portato in dote la torre più alta della città.
Il giovane si allontanò sconsolato ma un giorno, mentre procedeva lungo il fiume, vide qualcosa che luccicava, si fermò per osservare meglio e si accorse che erano monete d’oro, si mise a scavare e trovò un tesoro.
Corse subito a cercare un capomastro e gli ordinò la costruzione della torre che fu terminata in nove anni così che il giovane Asinelli poté sposare la sua bella.
C’è anche chi sostiene che la torre sia stata costruita in una sola notte per opera del Diavolo.
RE ENZO
Enzo, re di Sardegna e figlio naturale dell’Imperatore Federico II, venne catturato dai Bolognesi nella battaglia di Fossalta nel 1248 e rimase imprigionato fino alla sua morte avvenuta nel 1272.
La sua fu una prigionia leggendaria all’interno del palazzo che porta il suo nome e alimentò molti aneddoti. Si racconta che il padre offrisse ai Bolognesi, per la libertà del figlio, una quantità d’oro sufficiente a circondare le mura della città (cosa impossibile poiché l’Imperatore morì l’anno successivo alla cattura del figlio e non ebbe il tempo materiale per fare l’offerta).
Si fanno risalire ad Enzo anche le origini della famiglia Bentivoglio, infatti si parla di un figlio avuto con la bella Lucia Viadàgola che il re soleva salutare dalla finestra con le parole anima mia, ben ti voglio da cui il nome Bentivoglio dato al fanciullo.
Anche i tedeschi alimentarono le leggende sulla prigionia dicendo che il re era incatenato con catene d’oro, mentre molto probabilmente veniva rinchiuso solo di notte per impedirne la fuga mentre di giorno era libero di ricevere amicizie sia maschili che femminili; si ritiene che gli fosse concesso anche di passeggiare nella piazza sottostante.
Si narra anche di un tentativo di fuga con l’aiuto di un fornaio (o di un vinaio) all’interno di una gerla del pane (o di una brenta nel secondo caso). La fuga fu sventata da una donna al balcone che vide una ciocca di capelli biondi svolazzare dal bordo del recipiente e si mise a gridare Scappa! Scappa il Re! Il comune, per ricompensa, diede alla donna la facoltà di assumere il nome nobiliare di Scappi, famiglia realmente esistita infatti è il nome della prima torre a destra di via dell’Indipendenza.
Questo episodio è rappresentato in due delle formelle che adornano le colonne del palazzo del Podestà.