Le fasi salienti del nostro Risorgimento a partire dal ’48, e tutte e tre le guerre per l’indipendenza, con le imprese dei volontari garibaldini, hanno lasciato traccia sul nostro lago. Ricordiamo la presenza di Carlo Pisacane nel 1848, incaricato, dal governo provvisorio milanese, uscito dalle Cinque giornate, di comandare un corpo di Cacciatori di stanza, prima a Desenzano e poi a Tremosine, dove in uno scontro a fuoco con gli Austriaci, avvenuto nei pressi del monte Nota, l’eroe napoletano fu ferito al braccio destro e poi ricoverato nell’ospedale di Salò, dove fu curato e per un soffio evitò l’amputazione, grazie alla competenza del dottor Leoni.
Nel 1848, durante la Prima guerra per l’indipendenza, ricordiamo poi l’assedio di Peschiera, importante fortezza del Quadrilatero, contemporanea alla battaglia di Goito e all'episodio di Curtatone e Montanara, che interessarono il vicino territorio mantovano, dove volontari toscani e napoletani resistettero per un’intera giornata alle forze del Maresciallo Radetzky, dando il tempo a Carlo Alberto di riordinare le truppe sul Mincio, cosa che gli consentì di riportare una vittoria nella battaglia di Goito.
Ma fu la Seconda guerra di indipendenza che ebbe la sua fase decisiva nel territorio del Basso Garda e dell’Alto Mantovano. A Brescia, il 13 giugno 1859, giunsero i volontari garibaldini, i Cacciatori delle Alpi, guidati dall’Eroe dei due Mondi, che si scontrarono con gli austriaci a Virle Treponti, proseguendo poi in direzione Salò, attraverso il ponte del Bettoletto, sul Chiese, ricostruito in fretta per consentire un rapido spostamento a Bedizzole e, attraverso la Valtenesi, a Padenghe e a Salò, dove gli alti comandi dell’esercito sabaudo avevano voluto che si portassero quei volontari irrequieti, guidati da un uomo straordinario, che però aveva, ai loro occhi, il demerito di non aver percorso una carriera militare regolare. La motivazione ufficiale era che dovevano contrastare, nella zona di Salò, l’eventuale arrivo dal lago di rinforzi austriaci.
Così i garibaldini a Salò danneggiarono gravemente un piroscafo austriaco, costringendolo a trovare riparo sull'opposta sponda veronese, ma in questo modo Garibaldi, giunto a Brescia prima delle truppe regolari franco–piemontesi, si trovò a Salò, lontano dal campo di battaglia di San Martino, dove ci fu lo scontro decisivo, la cui vittoria venne attribuita unicamente a Vittorio Emanuele, nel fatidico giorno del 24 giugno 1859, quando fu combattuta la battaglia di Solferino e San Martino, decisiva e conclusiva della Seconda guerra per l’indipendenza. Il merito della vittoria fu quindi attribuito universalmente alle truppe alleate dei francesi di Napoleone III e piemontesi, del Regno di Sardegna, in cui per altro erano arruolati dai 7000 ai 9000 volontari italiani provenienti da tutte le regioni.
Tra coloro che persero la vita in quella giornata ci fu infatti il luogotenente Gaspare Noris da Bergamo, suddito quindi del Regno Lombardo-Veneto, ma esule in Piemonte e arruolato nell’esercito regolare, caduto a San Martino nei pressi della chiesetta, oggi Ossario, e protagonista involontario di un toccante episodio, successivo alla battaglia, che abbiamo voluto ricordare nella passeggiata tra le cascine storiche di San Martino, il 9 aprile 2017, nell’ambito del Festival della Sostenibilità sul Garda. La vicenda è testimoniata da una lettera del Conte Luigi Torelli, fondatore della Società di Solferino e San Martino, conservata nel Museo posto nel sito monumentale della Torre di San Martino, che narra la toccante storia della vedova Noris e della lapide che orna la facciata dell’Ossario, a testimonianza del duplice amore di Gaspare per la moglie e per la Patria.
Ed è proprio la zona dove sorge la Torre di San Martino, proclamata nel 2011 luogo simbolo del nostro Risorgimento, che fu teatro di furiosi scontri in tutta quella giornata, dalle prime ore del mattino, alle nove di sera, tra la Cascina Ponticello, nel territorio di Pozzolengo, e l’argine della ferrovia, in territorio desenzanese, intorno alle altre cascine, dalla Contraccania alla Monata, alcune delle quali versano oggi in condizioni disastrose di degrado, dovuto al tempo, all'incuria e ai numerosi furti dei fregi in ferro battuto che coronavano le epigrafi su cui sono riportati i fatti salienti della giornata, oggi appena leggibili. Una zona che meriterebbe di diventare Parco del Risorgimento, sul modello di altre simili realtà in Europa, come i siti delle battaglie napoleoniche, che tanti visitatori attraggono durante l’anno, specialmente in occasione delle rievocazioni storiche che si svolgono nelle rispettive ricorrenze. Un Parco che potrebbe estendersi a comprendere i paesi dell’Alto Mantovano, da Solferino a Castiglione delle Stiviere, dove nacque l’idea della Croce Rossa, da Medole a Guidizzolo, da Cavriana a Volta Mantovana, Monzambano e Ponti, che furono pure teatro della battaglia perché compresi in quei venti km di fronte che va dal Lago di Garda a Castelgoffredo.
Scopo importante della Passeggiata storica del 9 aprile è stato anche richiamare l’attenzione sulla Cappella di Toussaint De La Motte, che sorge nei pressi della rotonda posta all’uscita del casello autostradale di Sirmione, dove, due giorni prima della battaglia, avvenne uno scontro a fuoco tra due pattuglie dei due eserciti contrapposti, che procedevano in perlustrazione in direzioni opposte, quella austriaca, guidata da Toussaint De La Motte, in direzione lago, e quella piemontese, guidata da Luigi Mainoni d’Intignano, in direzione Mincio. Nello scontro perse la vita, dopo alcune ore di agonia, il Luogotenente austriaco Toussaint De La Motte. La madre, la Contessa Isabella Almasy, era giunta a San Martino, successivamente, per riportare a casa le spoglie del figlio, ma, data la legge che ne impediva la riesumazione prima che fossero trascorsi dieci anni, non poté fare altro che erigere in ricordo del figlio la cappella, sopra citata, di recente restaurata a cura dei Lions Lago di Desenzano e della Croce Nera austriaca, che ora rischia di essere spazzata via dal passaggio della TAV.
A conclusione di queste riflessioni, vorrei sottolineare l’apporto umanitario ed economico fornito dai Comuni del Basso Garda in tutte le fasi della lotta per l’Unità nazionale e in particolare durante la Seconda guerra di indipendenza che fece sentire maggiormente le conseguenze di uno scontro di tali proporzioni, sia per la mobilitazione di privati cittadini e intere comunità nell'organizzazione del soccorso ai feriti, sia per il supporto logistico di approvvigionamento alimentare fornito alle truppe di passaggio con animali al seguito, come testimonia in modo puntuale il libro pubblicato da Alberto Anselmi in occasione del 150° della battaglia “24 giugno 1859. La Battaglia di Solferino e San Martino nel Risorgimento italiano”.
Nota: la Prof.ssa Maria D’Arconte, autrice di questo articolo, è Presidente dell’Associazione Culturale “Faro Tricolore” con sede a Desenzano del Garda e Vicepresidente del Coordinamento nazionale delle Associazioni Risorgimentali “Ferruccio” con sede a Firenze.
Immagini:
in alto: Assalto al colle di San Martino del 24 giugno 1859 - Raffaele Pontremoli
al centro: Desenzano del Garda - Lapide a Gaspare Noris - San Martino della Battaglia
in basso: Battaglia di San Martino e Solferino, Dipinto presente a San Martino Battaglia