Intanto l'attività continuava, e gradatamente si diffuse una strana euforia come se l'associazione di danza di cui facevamo parte fosse incinta.
E l'evento si compì.
Durante una famosa riunione generale dove sarebbero state divulgate decisioni importanti che quasi tutti sapevano almeno in parte, fu annunciata la rottura, non delle acque, ma con la vecchia organizzazione pur mantenendone legittimamente il nome e la nascita della nuova associazione con attribuzione del nome e del logo. Era fatta, in seguito alle spiegazioni e i chiarimenti, ed una votazione plebiscitaria in un clima di grande orgoglio e fierezza, 8cento nasceva.
Il nome piaceva. Una parola sola, piana, con l'accento virtuale sulla penultima sillaba che obbliga inconsciamente chi la pronuncia, a soffermarsi per un impercettibile ma significativo attimo prima di averla detta tutta. Quasi un momento di rispetto e commiato che aiuta a ricordarla. Inequivocabile negli intenti, accattivante il logo dove il numero otto evoca un danzatore scozzese.
Da quel momento, praticamente, l'attività procedeva come sempre, se il cambiamento di ragione sociale e di nome fosse stato fatto in segretezza, nessuno se ne sarebbe accorto. Poi i primi cambiamenti. Alcuni passi di danza cambiarono, anche solo di poco ma con un perché ben preciso. I manuali di danza storici erano sempre più citati, si cercava di dare consapevolezza di quanto si stava facendo. Si inserivano (ahimè) passi di danza nuovi. Esperienze nuove si susseguivano.
Il trimestre Brighi, con la velocità che richiedeva, aveva rischiato di confonderci con il liscio romagnolo. Insomma niente noia e per un pigro come me è stato impegnativo. Nessun ballo, festa o spettacolo che fosse non poteva più essere fine a se stesso ma inserito in un contesto storico o culturale preciso e magari comunicare un messaggio.
Durante le uscite in costume, mai coppie di dame, solo miste.
I passi continuamente nuovi, le modifiche ai livelli di appartenenza, le modifiche alle serate di allenamento, la creazione di una branca ufficializzata dalla RSCDS (Royal Scottish Country Dance Society) con la collaborazione e la frequentazione di un'altra associazione amica, hanno fatto da sponda a qualche scossone, fisiologico ma sempre pericoloso.
L'aggiunta di nuovi contesti storici di danza, con nuovi passi e differenti costumi, il gruppo bambini/ragazzi e i picnic ottocenteschi carichi di menù filologici e di accessori adeguati, sono diventate realtà consolidate. La concorrenza c'era, come c'è tuttora, sempre più agguerrita, ma non sembra costituire un problema, anzi stimola, e il confronto aiuta a capire che si è lavorato bene.
Così, mentre tutti avevamo l'attenzione rivolta agli allenamenti, al costume da integrare o rifare, alla partecipazione al tale evento o all'insorgere di qualche dolorino da curare o contenere, gli anni sono passati. Un giorno, qualcuno richiama la nostra attenzione per ricordarci che dalla fondazione, di anni, ne sono già passati dieci.