Giuseppe saliva le scale lentamente, seguendo il contadino che li aveva ospitati. Quel pover’uomo, tal Ravaglia, non aveva esitato un attimo ad aiutarli, pur sapendo di rischiare molto, forse anche la vita stessa, accogliendo in casa propria quei due pericolosi fuggitivi. “Ch’ì patàca d’i tugnen non vi troveranno quassù!”, disse il contadino, illuminando i gradini in legno con la fioca luce di una candela.
Giuseppe guardava il viso di lei, stretta tra le sue braccia. Era smagrito, con i capelli scompigliati, le labbra livide, gli occhi lucidi per la febbre. Eppure, si potevano ancora vedere i tratti della sua bellezza, quella bellezza che lo aveva conquistato quando l’aveva vista per la prima volta, tanti anni fa, nella chiesa di Laguna, in Brasile…
Era il 1839, e le truppe dei rivoluzionari del Rio Grande do Sul, in lotta contro l’Impero del Brasile, avevano conquistato la piccola cittadina. Tutta la popolazione si era riunita in chiesa a cantare il Te Deum, e lì l’aveva vista: bruna, fiera, con due splendidi occhi scuri e profondi. Se ne era innamorato a prima vista.
Anche lei lo guardava: sembrava dormisse, ma in realtà era ben sveglia e si rendeva conto di tutto ciò che accadeva attorno a sé…
Il giorno dopo il Te Deum, quel tipo strano ed affascinante l’aveva avvicinata sulla spiaggia di Laguna, dove lei abitava. Alto, biondo, con la barba incolta da ribelle. L’aveva fatta ridere quando, in italiano, le aveva rivolto la frase: “Devi essere mia!”. Quel giovanotto che veniva da oltreoceano parlava malissimo il portoghese e per questo la chiamava Anita, in spagnolo, anziché Aninha, il diminutivo con cui tutti la conoscevano. L’aveva seguito subito, senza esitare. Lei aveva appena diciotto anni e, per di più, era già sposata, ma non aveva avuto dubbi: si era unita a Giuseppe Garibaldi per seguirlo in una vita di amore e di avventura, ma anche di incertezza e di ristrettezze. E tutto questo senza paura, senza timore del domani. Solo per stare con lui.
Gli occhi di lei erano socchiusi e vacui per la febbre, ma Giuseppe vi scorgeva ancora il suo sguardo fiero e coraggioso. Quello sguardo che Anita aveva esibito in mille battaglie, nelle quali si era battuta come una leonessa, sempre al fianco del suo José…
Immagine nella homepage:
G. Gallino, Ritratto-miniatura di Anita Garibaldi, 1845, Museo del Risorgimento, Milano
Immagine nella pagina:
E. Matania (dis.), A. Centenari, A. Mancastropa (inc), Primo incontro di Garibaldi con Anita, da Giuseppe Garibaldi e i suoi tempi, a cura di Jessie White Mario (1884)