Il nostro Presidente Mattarella, a Recanati in occasione del bicentenario dell’Infinito di Leopardi, ha pronunciato queste parole davanti ai giovani: Tutti hanno un ermo colle in cui si rifugiano ogni tanto […] Guardare l’orizzonte mi aiuta a riflettere, anche perché è un confine ma non è un limite.
Accenniamo un’analisi del testo, per comprenderlo al meglio. Vediamo che non ci sono rime. Giacomo non ha vincoli e usa una metrica libera, cioè non segue schemi. Tuttavia, le parole dal forte valore evocativo conferiscono ai versi una musicalità unica. Inoltre c’è un uso sapiente di termini comuni (colle, siepe…) alternati a parole dal gusto letterario classico (ermo, guardo, spaura…).
Quasi ogni verso termina con parole strettamente legate al verso successivo: l'enjambement che rende più lento il ritmo dei versi e quindi la lettura risulta più distesa per dare ancora maggiormente l’idea dell’infinito. La lettura rallentata è sottolineata anche l’uso di parole polisillabiche: interminati, profondissima, comparando.
Ci sono delle inversioni, le parole sono disposte in un ordine diverso dall’usuale e questo dà enfasi ad alcune espressioni: interminati spazi / sovrumani silenzi.
La poesia è ricca di rimandi tra il mondo interiore e il paesaggio fisico, richiami che vanno dal reale al fantastico, resi evidenti anche dall’uso dei dimostrativi che indicano il rapporto tra finito e infinito: questa siepe al quinto verso diviene quella.
Leopardi, appena giovane ventenne, riscuoteva la stima e l'ammirazione di critici importanti. Posseggo un libro del 1874, intitolato Poesie di Giacomo Leopardi di cui trovate pubblicata una foto.
Leggendone la prefazione, mi sono incantata nel trovare parole di così grande ammirazione nei confronti del giovane Giacomo. Colui che ha scritto si chiamava Eugenio Camerini, critico letterario, che verso Leopardi rivela profonda stima. Di lui dice che nel complesso è molto delicato, che non ama piaceri estremi, che vive in solitudine, che non ha alcuno svago; scrive ancora che legge moltissimi buoni libri antichi in casa sua, che ha una meditazione e una lettura ostinate, con tanta attività di mente.
Tutto questo gli ha fatto conoscere la storia di duemila anni addietro e nel contempo il mondo a lui presente, nonostante la sua vita ritirata;
... e ciò che stupendo è da quell'antico mondo perduto dedurre qual sia e quanto vaglia questo mondo nostro, fuori del quale viveva. Nelle pagine introduttive del libro, sono riportate anche le parole dello scrittore Pietro Giordani, amico di Leopardi.
A seguito di una sua visita, riporta l'ammirazione per il giovinetto di vent'anni che, pur vivendo separato dal vivere comune, aveva una verissima conoscenza delle cose umane che ben pochi possedevano. Latini e greci non avevano segreti per lui; oltre ad alcune lingue moderne, conosceva il greco, l’ebraico e il latino. La sua grande erudizione non fu inerte ed opprimente, ma si sublimò a materia di alto poetare, e di filosofare profondo. Nelle sue opere, egli non prende mai le fattezze di alcun altro.
L'amico esalta l'indipendenza di quell'intelletto eccelso, che da nessun altro ingegno si è lasciato influenzare, neppur colorare, in quell'età che è sì molle. Quindi il nostro poeta, già dai suoi contemporanei, era considerato un intelletto straordinario. Una mente che fin dall’età giovanile aveva dimostrato di avere capacità di studio, di comprensione, di elaborazione così potenti e personali da farne, per allora e per ora, la persona geniale che tutti conosciamo.
Immagini nella pagina:
Casa natale di Giacomo Leopardi, Recanati (Macerata)
Poesie di Giacomo Leopardi, Edoardo Sonzogno Editore, Milano 1874