Valzer, il ballo che non tramonta

di Alessia Branchi

Sul finire dell’Ottocento il valzer non solo viene ballato ovunque, ma i compositori lo inseriscono perfino nelle operette. Celebre è Il Pipistrello di Strauss (1874 la prima rappresentazione), conosciuta anche come l'operetta-valzer che allieta la Belle Époque.
Sembra proprio che dopo un secolo questa danza non trovi il tramonto; trionfa infatti ne La vedova allegra di Lehár, ne Il sogno di un valzer di Oscar Strauss, o La principessa dei dollari di Leo Fall.

Resistente alle due guerre il valzer prosegue il suo successo affermandosi nelle balere col ballo liscio che, declinato nelle variazioni di esecuzione, diventa liscio emiliano, liscio piemontese, liscio romagnolo, liscio ligure… A Bologna si chiama Filuzzi. Come ci conferma l’esperto Carlo Pelagalli, sembra che il soprannome dei primi ballerini alla filuzzi derivi dal fatto che piombassero nelle balere, dove non erano conosciuti, e si esibissero in alcuni balli acrobatici (uomo-uomo perché non potevano importunare le poche ragazze presenti), dopo di che così se ne andassero, filando via, da cui filuzzi.

Grazie alle scuole di danza e alle associazioni che portano avanti la tradizione del ballo, il valzer gode tutt’oggi di grande interesse. Se il fenomeno sociale dopo due secoli ha lentamente lasciato il posto alle nuove incursioni musicali e ai nuovi generi, la magia e il fascino di questa danza incantano ancora tutti, vincendo ancora chissà per quanti decenni il posto sul podio.


Immagine nella pagina:
Vladimir Pervuninsky, Valzer Viennese, XX sec.

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