Il guardaroba dell'800 - 3

L'abito popolare a metà dell'800

di Delia Lenzi

Grazie alla diffusione dei giornali di moda è più facile trovare descrizioni della foggia degli abiti indossati dalla nobiltà o borghesia benestante, più difficile è invece risalire all’abbigliamento del resto della popolazione. Infatti era notevole la differenza fra le classi più agiate e quelle più popolari; le prime potevano abbigliarsi alla moda ed acquistare tessuti pregiati e di importazione, le seconde si rivolgevano ad un mercato di produzione locale come lino, canapa (coltura particolarmente presente nel bolognese) o lana, arrivando per le classi più povere ad una produzione interamente domestica tramite la filatura, tessitura, tintura e confezione.

Sebbene siano pochi i resoconti sull’abbigliamento del popolino, se ne può avere un'idea da fonti archivistiche quali inventari dotali o post mortem, donazioni, compravendite e altro, dove fra i beni elencati, almeno fino alla metà del secolo, appaiono oggetti personali quali gioielli, biancheria, accessori e indumenti di vario tipo. Si ricorreva talvolta all’aiuto peritale di un sarto, che accertava anche la qualità ed il valore dei tessuti impiegati.
Nel costume popolare l’abito identificava spesso anche l’attività svolta e differiva fra il popolano cittadino e quello contadino.

I capi principali dell’abbigliamento erano:


Abbigliamento maschile:

Cappa (o Tabarro) - mantella senza maniche tagliata a ruota, solitamente di panno scuro, fermata solo al collo e chiusa avvolgendo un lembo sulla spalla (rimasta in uso con poche varianti fino alla metà del 1900).

Camicia, Panciotto e Giacca - solitamente di canapa più o meno sbiancata, aperta a metà del petto ed allacciata con bottoni. Il colletto era a cinturino, a cui si poteva attaccare un collettino. Sopra la camicia il panciotto, senza maniche, allacciato davanti con una fila di bottoni, la parte posteriore in stoffa o colore diversi. La giacca di velluto o fustagno era corta e squadrata, di colore normalmente scuro, in uso anche la versione con due falde a coda (frac).

Camiciotto (o Blusa) - indumento da lavoro estivo, di tela robusta, con o senza colletto, tipico dei carrettieri e dei marinai. Conobbe una certa diffusione dopo il 1828 per finire, dopo il 1850, ad essere indumento di lavoro per operai, pittori e similari.

Fazzoletto (o Foulard da collo) - comune l’uso di un fazzoletto al collo, più raramente una sciarpa annodata intorno al colletto con le punte in vista.

Calzoni, Cintura e Bretelle - i calzoni erano di fustagno o velluto a coste, solitamente scuro, lunghi al piede e fino a circa la metà del secolo allacciati dietro o lateralmente con bottoni o stringhe. La cintura era una fascia in stoffa e di colore contrastante (specie nell’abito per la festa); aveva la funzione di tenere su i calzoni ma era utile anche come nascondiglio per borsellini con denaro, armi o altro, sostituita in seguito dalla cintura in cuoio. Le bretelle, derivate dall’abito militare, divennero di moda dopo il 1822. La versione più povera era di cuoio, singola ed allacciata ai pantaloni con un bottone davanti e uno dietro.

Cappello - oltre al cappello a cilindro, si affermarono cappelli di feltro scuro con cupola, larga tesa ed un nastro in cui si infilavano talvolta piume (o fiori); divenne un simbolo di patriottismo quello all’Ernani, con una tesa ripiegata e una o più piume. In estate si portavano semplici cappelli di paglia. Diffuso anche il berretto floscio.

Calze, Gambali e Calzature - Le calze erano di lana ai ferri con solette di cotone per farle durare di più. I più benestanti usavano gambali di cuoio per andare a cavallo o nei giorni festivi. I più poveri avvolgevano piedi e gambe con fasce di tessuto resistente. Diffusi gli scarponi di cuoio con le bollette (chiodi con capocchia larga per le suole), oppure zoccoli di legno, imbottiti di lana o cotone. Dal vestiario militare entrarono in uso le ghette o uose, sovrascarpe di panno, stoffa o cuoio allacciate lateralmente.


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Bozzetto di Delia Lenzi
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