Il moto di Savigno: i combattimenti del 15 agosto 1843 tra carabinieri pontifici e ribelli raccontati dai protagonisti

di Luciana Lucchi

Ritratto di Nicola Fabrizi (Miniatura 219x280 px)Il moto di Savigno si svolge dal 15 al 24 agosto 1843 ed è il compimento del lungo lavoro cospirativo di Nicola Fabrizi (1804-1885) che, fin dal 1838, mentre è esule a Corfù, contatta Pasquale Muratori (1804-1861) inviandogli un Memorandum contenente i principi dell’associazione la Legione Italica, fondata da Fabrizi nel 1837 con lo scopo d’essere il braccio armato della Giovine Italia (1831). Così agendo si crea una frattura con Giuseppe Mazzini (1805-1872) in quanto per Mazzini pensiero ed azione sono inscindibili. Mazzini è profondamente contrario al progetto insurrezionale di Fabrizi, lo scongiura di desistere, ma il suo appello rimane inascoltato.

Il cardinale Ugo Pietro Spinola (1791-1858), legato di Bologna, il 26 agosto istituisce una Commissione Straordinaria Militare per giudicare i ribelli ed è proprio attraverso gli atti di quel processo che è possibile ricostruire le varie fasi del moto alternando le testimonianze dei carabinieri pontifici, “C”, a quelle dei ribelli, “R”.

Ritratto Pasquale Muratori (Miniatura 219x337 px)Protagonisti degli scontri del 15 agosto sono ventiquattro carabinieri, comandati dal capitano Castelvetri che, giunti tre giorni prima a Savigno, alloggiano nella locale osteria; e circa sessanta ribelli, per lo più facchini bolognesi arruolati nelle bettole della città, guidati dai fratelli Pasquale e Saverio Muratori (1806-1873), da Gaetano Turri, Giovanni Marzari, il Romagnolo (1815-1866), i popolani Matteo Pranzini, Morotti (?-1843) e Luigi Giugni, il Tintore.

C. “Io facevo parte del distaccamento dei carabinieri comandati dal capitano Castelvetri quando nella mattina del 15 agosto il Capitano ordinò al brigadiere Paolini di prendere una parte di carabinieri e di andare ad esplorare le mosse dei faziosi. Mentre andavamo sopra un monticello Paolini fu avvertito che i rivoltosi erano a pochissima distanza, e perciò conveniva evitare il loro incontro per la sproporzione di forza, essendo quelli in numero non indifferente.”(1)

R. “Noi facemmo colazione all’osteria dell’Abbadia di Mongiorgio. Dopo aver camminato più di un’ora circa discendemmo e scoprimmo un paesetto nel fiume Samoggia, chiamato Savigno. Nella ghiaia del fiume presto scoprimmo nove o dieci carabinieri a piedi che arrivavano allo stesso paese, alla vista dei quali i nostri capi cominciarono a gridare: ‘Avanti, avanti’ e qui fu uno scaricare di fucili da una parte e dall’altra ben grande.”(2)

C. “Fummo assaliti da diversi faziosi che stavano dalla parte della stalla dell’osteria, vicino a un canale quasi attiguo al fiume Samoggia, e alle fucilate noi rispondemmo, di modo che potemmo ottenere che rinculassero andando sulle ghiaie del fiume, e noi mettendoci in un formentonajo [campo di granoturco] sempre difendendoci dai colpi del nemico. Ci riuscì ancora di far rinculare di più i Briganti, ma essendo sopravvenuto un loro rinforzo dalla parte di Savigno la nostra situazione si rese assai più pericolosa rimanendo in mezzo a due fuochi.”(3)

Note:
(1) Testimonianza del carabiniere Andrea Negri, 19 anni.
(2) Deposizioni dei ribelli Giuseppe Minghetti, 30 anni, fucilato alle spalle insieme ad altri cinque ribelli, il 7 maggio 1844, al Prato di Sant’Antonio, oggi via Castelfidardo, luogo delle esecuzioni capitali a Bologna ove una lapide, collocata il 20 settembre 1888, li ricorda; e Pietro Bonfiglioli, 25 anni, condannato a morte con pena commutata in galera a vita.
(3) Testimonianza del carabiniere A. Negri.

Immagini nella pagina:
G. Salvioni, Ritratto di Nicola Fabrizi, 1860 ca., ©Museo civico del Risorgimento di Bologna.
Ritratto di Pasquale Muratori, ©Museo civico del Risorgimento di Bologna.

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