La tenevano prigioniera da quasi due mesi, ma in quel luogo il tempo scorreva penosamente lento. Cercò di non tornare con la mente a quello che aveva dovuto sopportare, a cosa la costringevano a fare, a chi le ordinavano di essere. (...) Il soldato disteso al suo fianco si agitò. Non gli permetterò di avere la meglio su di me, si ripromise Hana. Restò sveglia tutta la notte a immaginare una via di fuga.
Titolo originale: White Chrysanthemum
Traduzione di Katia Bagnoli
Pubblicato da Longanesi, 2018
Figlie del mare racconta la vicenda di due sorelle separate dalla guerra, ma è anche la storia di tutte le 300.000 donne, rapite e costrette a prostituirsi, che hanno vissuto un destino che per molti anni è stato uno dei più gravi motivi di attrito tra Corea e Giappone. L’esistenza delle comfort women coreane, infatti, è stata ammessa dal governo giapponese nel 1993, e solo nel 2015 ciò è stato riconosciuto ufficialmente come crimine di guerra, per cui lo Stato ha chiesto scusa e ha istituito un fondo monetario per le sopravvissute.
La storia delle due giovani coreane Hana ed Emi ci viene raccontata attraverso due piani temporali: nel 1943 seguiamo la vita di Hana, rapita dai Giapponesi e obbligata a giacere con loro, diventando una donna di conforto per i soldati giapponesi; nel 2011 seguiamo a Seul la storia di Emi, che continua a cercare l'indimenticata sorella maggiore che si è sacrificata per lei.
Hana è una haenyeo, una donna del mare: le immersioni sono lavori per corpi femminili, agili, resistenti in apnea, capaci di affrontare il gelido e profondo oceano per raccogliere conchiglie, abaloni, molluschi o altri doni generosi del mare da rivendere al mercato. Lei, con la madre e assieme ad altre compagne, si tuffa per pescare nelle acque profonde. Ogni giorno. Fino a "quel" giorno in cui il soldato Morimoto si accorge di lei. Hana deve far ricorso a tutta la sua forza per sopravvivere agli orrori e alle sofferenze che subirà dopo quell'incontro e deve utilizzare tutto il suo coraggio di figlia del mare per cambiare il corso degli eventi con un "guizzo" degno dell'abile tuffatrice che lei è.
2011: anche Emi si immerge ancora nonostante i suoi settantasette anni e i suoi ricorrenti incubi. Ha dei figli, una casa, ma... non può dimenticare sua sorella. Per questo motivo la cerca ancora e partecipa alle adunate di anziane signore che, come lei, ricordano bene le crudeltà subite durante la guerra.
La lettura è scorrevole e interessante. La trama del romanzo è avvincente in quanto la parte centrale del racconto si trasforma in una lunga avventura molto coinvolgente. Sullo sfondo del racconto troviamo le brutture della guerra e la descrizione di una pagina di Storia poco conosciuta, narrata dal punto di vista delle vittime coreane. La vita delle tuffatrici e l'ambiente marino sono dipinti in maniera molto realistica: l'autrice, abilmente, ci prende per mano e viene da trattenere il fiato per tuffarsi con le haenyeo!
L’autrice, americana di origini coreane, vive a Londra dove ha frequentato un master in scrittura creativa. È cresciuta in America, a stretto contatto con una comunità di donne sudcoreane; nel 2002 parte per conoscere e visitare il villaggio d’infanzia della madre. È proprio durante questo viaggio che scopre il destino delle comfort women e trae ispirazione per scrivere Figlie del mare, suo romanzo di debutto che è stato pubblicato in molti Paesi.