IL FAZZOLETTO
Tratto da: Teatri, arti e letteratura, Anno 17.mo, N. 819, Tom. 32, Bologna, 2 novembre 1839
Il fazzoletto ci rende segnalati servigi; è un amico che carezza ad ogni poco gli organi più dilicati de’ nostri sensi. Si può dimenticare a casa la borsa, l’oriuolo, il temperino, senza che ne risultino gravi inconvenienti, ma la dimenticanza del fazzoletto ne porrebbe nel più grande imbarazzo.
Come nascondere allora gli sbadigli quando assistiamo alla lettura di certi componimenti? Come celare un movimento di riso all’udire in conversazione una bestialità? E passeggiando nel giardino, come cacciare la polvere da un sedile allorché la signora da noi servita accenna di volervisi adagiare? Torno a dire che saremmo posti nel più grande imbarazzo.
Il fazzoletto tiene alle volte il posto del ventaglio nelle mani delle nostre belle. Coll’agitarlo temperano gli ardori dell’agosto, o anche se volete quelli dello sdegno e della gelosia, che ponno assaelirle benché di gennaro. Ad alcune è necessario il fazzoletto per aggraziarne il contegno, altrimenti non saprebbero che fare delle lor mani.
Un’attrice senza fazzoletto è quasi un corpo senz’anima. Se va in collera, lo gualcisce e lo spiegazza; se fa la vezzosa, l’allunga scherzosamente a lambire il viso dell’amante: se fa l’intenerita, lo adopera a nascondere gl’indizi della propria commozione. Se parla, se piange, se gestisce, se minaccia, anche il fazzoletto fa la sua parte, sembra avere anch’egli il suo linguaggio, la sua significazione.
Quando due amici si separano, quando un marito lascia la sposa, un giovane i genitori, una fanciulla la casa paterna, chi è quello che prolunga gli addio? Chi è quello che sventola per aria e mostra ancora in lontananza i segnali del dolore? È il fazzoletto, divenuto il telegrafo dell’affezione. Tutti i movimenti che descrive nello spazio significano il rincrescimento di separarsi, il voto di ritornare, il desiderio di presto rivedersi.
Il fazzoletto soccorre alla labilità della nostra memoria. I suoi angoli annodati ci rammentano una commissione da eseguire, una faccenda da spacciare. In uno di essi è chiuso sovente l’umile tesoro del povero. L’imbarazzato nel rispondere ad una domanda cava di tasca il fazzoletto e si soffia il naso. Col fazzoletto l’ozio si terge la fronte dal sudore del far nulla; dentro le sue pieghe l’erede nasconde la gioia piangente, la vedova le false lagrime, l’egoista la ipocrita compassione.
È venuto di moda lo stampare sui fazzoletti delle vedute pittoresche, delle teste di grandi uomini, delle battaglie, dei fatti storici, ec. Peccato che tante belle cose sieno destinate ad un uso che le profana! Egli è un avvicinarsi alla barbarie lo sputare sul busto di un eroe, lo starnutire sopra la faccia della Malibran*, il soffiarsi il naso in mezzo ad un’azione gloriosa di Napoleone.
P.B.
*Maria Malibran (1808 - 1836), soprano, tra le più celebri cantanti dell’Ottocento
Immagini nella pagina:
F. Hayez, Ritratto di Antonietta Tarsis Basilico, 1851
Scena dalla danza Addio mia bella addio coreografata da Alessia Branchi e tratta da Mazzini e le donne - Alla scoperta delle patriote italiane, evento realizzato presso la Certosa di Bologna da 8cento APS in collaborazione con il Museo civico del Risorgimento, 26 maggio 2022
C. Balsgaard, Corteo per le nozze di Re Federico VII e la Principessa Mariane (part.), Castello di Rosenborg, Copenhagen, Danimarca