Vincenzo Giordano Orsini, Colonnello d’Artiglieria del governo provvisorio siciliano, con il quale Minutilli aveva saldato profonda amicizia, in una relazione inviata al Ministero della Guerra a Palermo, così elogiò il suo operato: […] Il Maggiore Minutilli Direttore di questo Corpo, ha meritato continuati applausi del Pubblico. Fervidissimo amatore del bene comune, non ha curato la propria vita, ed è stato in ogni riscontro prontissimo ad offrirsi in olocausto per il servizio della Patria. Io son sicuro, che negli attuali tempi in cui non si premia che il solo vero merito non sarà il Signor Minutilli trascurato.
La rivoluzione messinese aveva trionfato, com’era avvenuto a Palermo per merito di Giuseppe La Masa, Rosolino Pilo e dello stesso Colonnello Vincenzo Giordano Orsini, ma, in seguito alla restaurazione del potere assoluto del governo borbonico (15 maggio 1849), Palermo e Messina tornarono all’antico. Minutilli, essendosi ammutinato contro l’esercito borbonico, abbandonata la famiglia, si diede alla macchia. Successivamente trovò rifugio a bordo di una nave mercantile inglese, e sotto mentite spoglie, travestito da caffettiere, riparò prima a Malta e poi a Costantinopoli.
Tornato in Italia nel 1850, Minutilli fissò la sua dimora a Genova, dove prese la cittadinanza sabauda e poté ricongiungersi alla famiglia, nel frattempo giunta nella città ligure dalla Sicilia.
A Genova Minutilli insegnò privatamente matematica e come architetto, sotto la protezione dell’ing. Adolfo Parodi, al quale rimase grato per tutta la vita, fu chiamato a dirigere i lavori di costruzione della Galleria dei Giovi, il traforo ferroviario che poi collegò Torino a Genova.
Si racconta che, nella casa ligure del Minutilli, al Casone del Livio n. 5, fuori Porta d’Arco, i capi di quella che poi diventerà la Spedizione dei Mille si incontrarono per pianificare i particolari dell’impresa, ed egli, esperto di topografia e di ingegneria nonché conoscitore del difficile terreno siciliano, fu consultato continuamente per la buona riuscita dell’operazione. La partecipazione alla spedizione costrinse il Minutilli ad abbandonare i lavori di progettazione ferroviaria.
La notte del 5 maggio 1860, il Maggiore Minutilli fu nella schiera dei Mille che salparono dallo scoglio di Quarto. Imbarcatosi sul vapore Piemonte, durante la sosta tecnica presso la fortezza di Talamone si vide assegnare ai ranghi della IV Compagnia, affidata al Generale Giuseppe La Masa, da Giuseppe Garibaldi, che, conoscendo le sue doti e le sue capacità, gli affidò l’incarico di comandare il Genio della spedizione.
Testimone oculare di quell’investitura fu Giuseppe Cesare Abba, che così scrisse nella sua Storia dei Mille (R. Bemporad & F. Editori, Firenze, 1904): Poichè ormai quel piccolo esercito aveva tutte le sue membra fuorchè il Genio, fu ordinato anche questo: una dozzina e mezza di operai, di macchinisti, d’ingegneri, con Filippo Minutilli da Grumo per Comandante, uomo di quarantasette anni, severo, di poche parole, cui si leggeva in viso, e certo lo aveva dentro, qualche profondo dolore. Pativa l’esilio dal 1849; era stato in Oriente, in Malta, in Piemonte; lasciava in Genova coi figliuoli la moglie, eroica donna messinese, che si era sentita il cuore di cucire per lui la camicia rossa, e di scendere alle porte di Genova, a dirgli addio, mentre egli passava per andar a Quarto ad imbarcarsi.
Come suo luogotenente Minutilli ebbe al suo fianco l’ingegnere campano Achille Argentino e chiamò a sé l’ingegnere materano Giambattista Pentasuglia, uomo di studio e di intelletto, l’unico lucano tra i Mille, esperto nell’uso del telegrafo, la cui opera si rilevò utile dopo lo sbarco a Marsala in quanto da quel telegrafo partirono notizie che confusero l’esercito borbonico.
Immagine nella pagina:
Attestato rilasciato dal Senato di Palermo che decreta il conferimento della medaglia commemorativa a Filippo Minutilli, uno dei 1000 prodi sbarcati con Garibaldi a Marsala, 24 ottobre 1860.