Filippo Minutilli, il Grumese Comandante del Genio nella Spedizione dei Mille

di Giuseppe Camastra

Dopo lo sbarco a Marsala, Minutilli iniziò la marcia nell’entroterra siciliano. Da Salemi, dove Garibaldi assunse il titolo di Dittatore della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele, arrivò a Calatafimi. Di quella dura battaglia combattuta nella contrada di Pianto Romano, alla quale partecipò, Minutilli descrisse i particolari in una lettera scritta il giorno dopo e spedita alla moglie. Minutilli scrisse: I Borbone erano più di 4 mila, e si batterono bene. Noi salimmo la montagna sotto i loro fuochi e li cacciammo alla bajonetta dal posto che avevano occupato, allora essi andarono ad occupare un’altra eminenza, dalla quale li scacciammo anche dopo un accanito combattimento; essi finalmente si ritirarono dietro un riparo sopra un terzo mammellone, da cui furono scacciati alla bajonetta; allora si ritirarono a Calafatini, che è sopra una montagna. Riportammo quindi una vittoria completa. Le perdite furono considerevoli da ambe le parti.

Battaglia di Calatafimi (Miniatura 219x164 px)

Noi avemmo una quindicina di morti, ed una ventina di feriti, tra i quali il figlio di Garibaldi (Menotti Garibaldi: N.d.A.); ma i morti e feriti dei regi quantunque occupavano bellissime posizioni furono più del triplo. Abbiamo fatto 36 prigionieri. Fu una battaglia di Solferino per l’accanimento dei nostri, e fu la rivincita del 15 maggio di Napoli. Le nostre forze non ascendevano a due mila. Abbiamo preso anche un obice bellissimo. Riguardo alle forze affluite nel loro contingente, Minutilli aggiunse: Accorsero molti dei campagnuoli e del paese per arruolarsi, ma noi non accettammo che quelli che avevano il fucile circa mille, attestazione, questa, della partecipazione dei “picciotti siciliani”, accorsi per combattere contro i borbonici. Molti di loro confluirono nel piccolo reparto di genieri comandati da Minutilli, che poteva già contare una quarantina di elementi.


Filippo Minutilli prese parte alla battaglia di Monreale, e fu nel furioso combattimento a S. Martino dove cadde da eroe Rosolino Pilo, alla manovra diversiva di Corleone, alla presa di Palermo e alla battaglia di Messina. Lì si fermò la marcia del Minutilli, che per ordine di Garibaldi rimase sull’isola per il controllo del territorio, delle retrovie e delle comunicazioni. Direttore Generale del Genio dell’Esercito Italiano Meridionale in Sicilia (cioè, con giurisdizione su tutta la Trinacria resa libera), promosso Colonnello con Decreto Prodittatoriale e poi Colonnello Brigadiere (equiparato al grado di Generale) del Genio dell’Esercito Italiano Meridionale, Minutilli trascorse periodi di permanenza tra Palermo e Messina dirigendo importanti lavori di restauro e di ricostruzione di tanti edifici pubblici, militari e civili, di quelle città, danneggiati dalla guerra. Un lavoro che gli fece ricevere attestati di benemerenza.


Compiuta l’impresa garibaldina del 1860, sciolto il corpo di Spedizione e dichiarato il Regno d’Italia, il Colonnello Brigadiere del Genio Filippo Minutilli chiese di entrare nei ranghi dell’Esercito regolare nazionale. L’accettazione della sua domanda fu sottoposta al vincolo di superamento di un corso che lo abilitasse a restare nel Corpo del Genio. Il Minutilli, non ritenendo dignitosa la frequenza di quel corso per sé che di prove di abilità e di eroismo aveva fornito ampia gamma nel periodo precedente l’impresa dei Mille e dopo, rifiutò con fermezza e scelse di passare nell’Arma della Fanteria,
accettando pure il declassamento al grado di Colonnello, visto ormai che nell’Esercito Italiano non esisteva più quello di Colonnello Brigadiere.
Il 16 luglio 1862 il Colonnello Filippo Minutilli assunse il Comando di un Reggimento, quello del 54° Fanteria “Brigata Umbria”, di stanza a Terni.


All’inizio, data la sua provenienza dall’esercito volontario meridionale, le novità del comando in fanteria gli resero difficile l’adempimento delle nuove attribuzioni, ma in breve tempo la sua intelligenza, l’abilità, l’autorevolezza e l’affezione alla causa italiana, gli fecero acquistare benevolenza e stima nei sottoposti.
Per lui trovò parole di stima il Maggiore Generale Luigi Masi, Comandante della “Brigata Umbria”, che lo propose per un avanzamento di carriera (quando gli sarebbe toccato per anzianità), come egli stesso esplicitamente vergò nello Specchio Caratteristico e di Condotta (Stato di Servizio) sul conto dell’ufficiale: È per ogni rispetto meritevole di particolari riguardi. Può essere promosso a suo turno.

Immagine nella pagina:
R. Legat, Battaglia di Calatafimi, 1860, Museo del Risorgimento, Milano.

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