Gli inquieti trampolieri di Re Carlo

di Antonio Nanetti

Stretta fra le Alpi piemontesi e un Lago Maggiore ancora risplendente dello sfarzo borromeo, Stresa offre il fascino quieto e signorile delle cittadine lacustri anche quando oppressa dalla calca dei turisti estivi. Una breve passeggiata lungo il lago porta al Parco Zoologico Pallavicino, dove animali esotici e nostrani mostrano ai visitatori la loro vita placidamente monotona. Lì, uno stagno appartato ha dato il via alla storia inaspettata di questo scritto, i cui intrecci si dipanano fra il significato delle parole e la storia di popoli antichi.

Fenicottero rosa (Miniatura 219x219 px)Nello stagno c’erano alcuni fenicotteri. Subisco il fascino di questi uccelli contraddittori e dall’aspetto contemporaneamente goffo e aggraziato: zampe filiformi utili ad avanzare nell’acqua ma che elevano il corpo in modo sproporzionato; passi leggeri alternati ad altri impacciati; collo sinuoso ma fin troppo lungo a sostenere una testa ridotta, che incastona piccoli occhi rotondi e un becco adunco grosso tutt’altro che elegante. Poi però prendono il volo, spiegando ali leggere e coperte di un piumaggio morbido, candido e abbellito da colori accesi che lo fanno assomigliare a un merletto macchiato di sangue.

Proprio le ali erano al centro della questione che, osservandoli, mi stavo ponendo. Chi ama gli insetti sa che imenotteri, coleotteri, lepidotteri e neurotteri hanno ali rispettivamente membranose, protettive, coperte di scaglie e solcate da nervature. Sono parole composte, in cui la prima parte allude a queste caratteristiche, mentre la seconda, comune, proviene dal greco antico pterón, che significa “ala”. Sullo stesso stampo è stato generato il nome dell’elicottero, un macchinario dotato di ali a elica, e mi pareva probabile che il nome del fenicottero seguisse la stessa regola. A questo punto, il problema era trovare il significato della prima parte del nome.

È stato facile verificare la correttezza dell’intuizione. La soluzione stava nel colore dei fenicotteri, il cui nome ha etimologia interamente greca: phoínix (= rosso sangue, porpora) + pterón (= ala). Deludente però: nient’altro che la didascalica descrizione del carattere più rilevante di questi uccelli, che finiscono così per chiamarsi banalmente ala porpora.

Meno ovvi sono però alcuni insigni parenti etimologici del termine in cui mi sono imbattuto durante la ricerca. Fra questi c’è la fenice, l’uccello favoloso capace di risorgere dalle proprie ceneri e antico simbolo di eternità. Era forse era un semplice airone rosso, spesso dipinto con la porpora. Il mito di questo uccello della rinascita sopravvive ancora oggi nel nome di Phoenix, la città dell’Arizona sorta nel XIX secolo sulle rovine di antiche civiltà.

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