Rosso come un gambero, rosso come il fuoco
I fenicotteri ovviamente hanno anche un appellativo scientifico. Il nome della specie che affolla le paludi europee - Phoenicopterus roseus - ripete in latino quanto già chiarito dal nome di genere greco, curiosamente smorzandolo un poco. Un piccolo ripensamento interno, che pare volerci dire che stiamo parlando di uccelli rossi sì, ma con scientifica moderazione giacché specie di altri continenti hanno colori assai più vivaci.
Il grosso becco è all’origine di un’abitudine alimentare onnivora e una dieta variata prelevata direttamente dal fondo melmoso: una pompa azionata dalla lingua aspira il limo e una serie di lamelle trattiene crostacei, larve, molluschi, piante acquatiche, alghe e ogni altra materia organica abbia la sventura d’infilarvisi per essere inghiottita. Alcuni pigmenti presenti nell’alimento e successivamente elaborati vengono poi emessi da una ghiandola addominale chiamata uropigio, da cui questi uccelli prelevano un secreto rosso oleoso, utile a mantenere il piumaggio sano, ordinato e ben colorato. Secondo un’interpretazione diffusa, parte del pigmento deriverebbe da Artemia salina, un minuscolo gamberetto frequente nelle acque salmastre stagnanti che lo estrarrebbe dalle alghe di cui si ciba. Da qui passerebbe ai nostri trampolieri attraverso la catena alimentare. Il colore dei fenicotteri è quindi il risultato di un maquillage intenzionale, realizzato con sostanze graziosamente fornite da Madre Natura in persona.
Poiché il pigmento rosso è di provenienza alimentare, la colorazione degli individui di uno stormo varia in base all’ambiente e al periodo dell’anno. Essa avrebbe inoltre una funzione sociale, dato che gli individui isolati ricorrono a questo make-up naturale con minor impegno rispetto a quelli gregari. Fra gli ultimi esisterebbe poi una relazione fra intensità della pigmentazione e precocità di nidificazione. Il colore diverso per intensità e distribuzione, quindi, potrebbe aiutare i membri di uno stormo a identificarsi fra di loro, individuando i partner più capaci a procurare cibo per sé e la prole. Il colore dei fenicotteri segnalerebbe ai consimili la rispettiva condizione di benessere, rendendo i singoli individui più o meno attrattivi: se potessero parlare, i fenicotteri direbbero “rosso è bello”!
Tornando a noi bipedi non volatori, la maggior parte delle lingue europee compone il nome di questi uccelli alludendo al colore rosso. Quella sarda, ad esempio, indica in modo peculiare i fenicotteri col nome collettivo genti arrubia, ossia moltitudine rossa. Un termine italiano ormai desueto è invece fiammingo, che deriva dal provenzale flamenc, chiaro composto del latino flama (= fiamma) cui si aggiunge il suffisso di origine germanica –enc. Anche il termine inglese flamingo riflette questa derivazione.