Le Vivandiere: le eroine dimenticate degli eserciti ottocenteschi

di Delia Lenzi


vivandiera garibaldina (Miniatura 219x375 px)Sebbene circondate da un numero enorme di uomini, vennero da questi trattate con rispetto, considerate più dei commilitoni che delle donne di piacere o delle momentanee intruse. Esse stesse avvalorarono questo senso di appartenenza indossando abiti con i colori del loro Battaglione e via via una o più parti dell’uniforme regolare.


mme Perrine Gros Solferino 1859 (Miniatura 219x375 px)Molte di esse sposarono o si accompagnarono ufficialmente a uomini del loro Reggimento, ebbero figli che condivisero la loro vita sui campi militari e talvolta persino partorirono nel corso delle operazioni militari. Guidarono con perizia e da sole le carrette trainate da muli, cavalcarono come uomini e per questo portarono sotto la gonna dei veri e propri pantaloni. All’occorrenza seppero usare un coltello e anche sparare, ebbero una grande resistenza fisica che le rendeva preziose. Non stavano solo nelle retrovie e i resoconti le riportano molte volte in prima linea, a portare bevande (come nel caso della vivandiera Casajus che “sfidando una pioggia di pallottole è entrata per ben due volte in un avvallamento dove le nostre truppe stavano combattendo per distribuire gratis due barili di acquavite”) oppure a preparare le munizioni, ricaricare i fucili o fornire assistenza ai feriti (come Caterina Béguin, che si caricò sulle spalle un soldato ferito trascinandolo per otto chilometri per farlo medicare, nel caso specifico era anche suo marito).

Vennero anche ferite, talvolta subirono amputazioni, come la francese Mme Perrine Gros, che a Solferino, nel 1859, ferita in modo grave ad un dito mentre dava da bere ad un soldato morente, continuò a prestare soccorso intorno a lei salvando altre vite e solo dopo accettò di essere operata, chiedendo però che l’amputazione avvenisse “sul campo di battaglia” per non sottrarre tempo agli altri feriti. Fu decorata al valore.

Molte morirono falciate dalle fatiche, dalle malattie o colpite dal fuoco nemico, come nel caso di Maria Santelli, fra i primi a cadere a Waterloo il 18 giugno 1815.


Ben lungi dallo scomparire con la fine dell’epopea napoleonica, la figura della vivandiera si rafforzò nel corso delle guerre ottocentesche sia nel Vecchio che nel Nuovo Continente. Si sa di vivandiere al seguito dell’esercito austriaco dell’imperatore Massimiliano in Messico, dove incontrarono un terribile destino, mentre durante la Guerra di Secessione americana erano presenti in entrambi gli schieramenti e di esse abbiamo non solo molti ricordi bensì anche numerose fotografie.


Immagini nella pagina:
Marie Brose Tepe (1834 – 1901), conosciuta come French Mary, vivandiera nel 27° e 114° Reggimento di Fanteria Pennsylvania durante la Guerra di Secessione americana (Liljenquist Family Collection, Library of Congress).
Mme Perrine Gros, 24° Battaglione del Corps des chasseurs à pied; la foto è interessante perché è fra le poche immagini in cui una donna non indossa una gonna sopra i pantaloni.

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