A polite lady

L’educazione inglese fra Settecento e Ottocento

di Chiara Albonico

Elizabeth_Vesey (Miniatura 379x450 px)

Le donne che potevano viaggiare si stupivano della libertà di conversazione delle signore degli altri paesi, una libertà che alcune donne inglesi si potevano ritagliare solo nei circoli delle Bluestockings o in altri rari club femminili, come il Fair Intellectual Club fondato a Edimburgo nel 1717 o il poco noto Shakespeare Ladies Club. Nelle riunioni delle Bluestockings proprio Elisabeth Montagu, che aveva creato il circolo insieme a Mrs. Vesey, apriva la casa a donne libere di parlare, di confrontarsi e di esprimere opinioni, e ad artisti e letterati di pari aperte vedute.

mrs montagu house (Miniatura 219x327 px)Lungo almeno tutto il Settecento e fino ai primi decenni dell’Ottocento le ragazze della buona società potevano essere indirizzate in due modi. Alcune venivano educate in casa ma raramente dalle madri, considerate indulgenti e superficiali, quanto piuttosto dalle istitutrici o dalle governanti. L’alternativa era l’accesso a una delle numerose scuole femminili nelle quali si imparava la grammatica – saper usare correttamente l’inglese ed esercitarsi per avere una buona pronuncia erano importanti per leggere ad alta voce in società e per scrivere buone lettere che, spesso, finivano per passare di mano in mano – oltre alla matematica e all’economia domestica. L’avanzata del secolo dei lumi e, nonostante tutto, il sempre più deciso prevalere della cultura francese determinò l’introduzione perfino nelle scuole inglesi dell’insegnamento della lingua franca dell’epoca, il francese, cui furono affiancate la botanica e l’entomologia. D’altra parte quando Madame Guénard pubblicherà, nel 1818, i quattro volumi de Les enfans voyageurs, ou Les petits botanistes, non farà altro che sancire l’appropriazione da parte dell’universo femminile di quel tanto di cultura botanica il cui sfoggio era tollerato in società.

L’educazione era completa se la ragazza imparava a cantare e suonare uno strumento, ma solo come esecutrice, a ricamare e dipingere piccoli quadretti, perché le grandi tele a soggetto storico erano oltre la sua portata. Il ricamo divenne un rifugio per più aspetti. Era una compagnia fondamentale per le lunghe ore di solitudine, rifugio in una conversazione noiosa o imbarazzante, occasione di ritrovo con altre signore e, in più, l’oggetto ricamato diventava di proprietà della ricamatrice, una delle pochissime autonomie concesse alle donne.


Immagini nella pagina:
Anonimo, Ritratto di Elisabeth Vesey, 1755-65, National Portrait Gallery, Londra.
R. Samuel, Portraits in the Characters of the Muses in the Temple of Apollo (ritratto di nove delle principali Bluestockings dell’epoca del pittore con le sembianze delle Muse), 1778, National Portrait Gallery, Londra.


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