E questo perché? Soltanto per rimanere padrona della propria vita. Non voleva un marito che si arrogasse il diritto di decidere per lei, un pittore che le dicesse cosa dipingere, nemmeno un maestro che, per quanto geniale, la facesse sentire un’allieva per sempre. Era stata troppo presuntuosa? Aveva sopravvalutato il suo talento? Era stata egoista e ingrata? Non lo sapeva….
Pubblicato da Damster Edizioni, 2024
Dopo il primo libro, L’allieva di Canova, uscito nel 2022, e la mostra Carlotta Gargalli (1788-1840). Una pittrice bolognese nella Roma di Canova, curata dalla stessa Ilaria Chia e da Francesca Sinigaglia per il Museo Ottocento Bologna (31 ottobre 2023 - 25 febbraio 2024), e soprattutto dopo altri approfonditi studi, ecco arrivare il secondo capitolo della vita di questa pittrice fino a poco tempo fa quasi sconosciuta, nota, e poco, solo a quegli addetti ai lavori che si occupavano di una nicchia particolare: la pittura di inizio ‘800 e al femminile!
Carlotta Gargalli nacque a Bologna nel 1788. Il padre Filippo Gargalli era un abile ritrattista, che non impedì alla figlia di studiare arte e di affiancarlo nell’attività pittorica, soprattutto dopo averne capito le potenzialità e il carattere molto particolare, che non le faceva desiderare né accettare una vita “al femminile”, di quelle preparate per le donne del tempo: un matrimonio il più possibile “conveniente”, appena raggiunta l’età consentita, ed una vita all’interno delle mura domestiche.
Fu così che Carlotta dal 1804 iniziò a seguire i corsi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, prima donna iscritta e regolarmente frequentante, e nel 1811, su interessamento di Antonio Canova, ottenne il privilegio, a quel tempo impensabile per una donna, di studiare a Roma con una sovvenzione statale. Rimase nella città eterna fino al 1815, frequentando gli ambienti dell’Accademia del Regno italico (1812-1815) dove si raccoglievano gli artisti e gli studenti più brillanti provenienti dalle scuole d’arte di Venezia, Bologna, Milano.
Ma questa fase della sua vita è narrata nel primo romanzo che Ilaria Chia le ha dedicato, intitolato proprio L’allieva di Canova (vedi).
Questa seconda “puntata” parte invece proprio dal suo rientro a Bologna, avvenuto in quello sconvolgente anno 1815 che vide la fine di Napoleone e la polverizzazione del suo Impero: una disgregazione non solo politica, che ebbe infatti ricadute spesso molto pesanti in tantissimi ambiti, non ultimo quello artistico.
A Bologna Carlotta inaugura un periodo di intenso lavoro, che la porta a dipingere ritratti, soggetti sacri e copie delle opere più importanti della Pinacoteca Nazionale. Nel 1821, contro le aspettative di tutti e contro il parere di tanti, compresi i suoi familiari, si sposa per amore con il farmacista Carlo Luigi Rovinetti, col quale dividerà una vita felice ma molto breve: il marito infatti morirà molto precocemente, lasciandola con una montagna di debiti ed una bimba piccolissima (che a sua volta morirà appena adolescente).
I lutti e le difficoltà economiche la porteranno prima a rallentare poi ad interrompere la sua attività artistica, fino a spingerla ad un nuovo trasferimento a Roma, dove invece di riprendere a dipingere si dedicherà all’attività di gallerista, in quella via del Corso ricordata nel titolo.
Questo secondo capitolo della sua vita viene raccontato dall’autrice in modo romanzato, pur, come detto, rispettando le poche informazioni sul suo conto trovate negli archivi e nei carteggi. La finzione narrativa permette a Ilaria Chia di intrecciare presenze reali e presenze fantasiose, quasi “fantasmatiche”, che la portano a far “dialogare” la sua eroina con il grande pittore Annibale Carracci, in realtà scomparso duecento anni prima, ma egli stesso protagonista di una vita libera e difficile, che sicuramente Carlotta conosceva molto bene e possiamo immaginare ammirasse profondamente. E insieme a Carracci fanno più volte capolino nelle pagine del romanzo altri illustri artisti e protagonisti di quegli anni tra il 1815 e il 1841, anno della morte precoce di Carlotta: dalla musa di tanti artisti, quella fascinosa Cornelia Rossi Martinetti che aveva incantato anche il Foscolo e il Canova, a Maria Brizzi Giorgi, tante volte evocata come modello di donna insofferente ai ruoli “obbligati” che ingabbiavano a quel tempo le donne anche di talento, ad un ombroso Giacomo Leopardi che spese mesi della sua complicata vita nella città felsinea proprio negli anni in cui anche Carlotta vi si trovava.