Jane Austen (1775-1817) era un'appassionata lettrice. Il vizio di leggere le era stato inculcato fin da giovanissima dal padre, il Reverendo George, che nella canonica di Steventon, nella contea inglese dello Hampshire, in cui viveva la numerosissima famiglia Austen (oltre ai due genitori, c'erano anche sei figli maschi e due figlie femmine, tra cui appunto Jane, che era la penultima), aveva una biblioteca fornita di ben 500 volumi, una vera rarità a quei tempi per un uomo non benestante. Ma il fatto ancora più eclatante era che tutti in famiglia, anche le figlie, potevano attingervi liberamente, senza alcuna restrizione dettata dalla consuetudine dell'epoca di educare le femmine in modo più rigido rispetto ai maschi.
A woman should love Bologna, for there has the intellect of woman been cherished, scriveva la giornalista e patriota statunitense Margaret Fuller nelle sue memorie del 1847. Una donna dovrebbe amare Bologna, perché proprio in questa città si coltiva l’intelletto delle donne. Passeggiare per la città felsinea creava una sorta di coscienza del sé, esponendo allo sguardo busti di grandi donne, come sottolineava Fuller, da Properzia de’ Rossi a Elisabetta Sirani a Lavinia Fontana.
Il Colonnello si era affezionato alla casa dell’uva fragola, gli sembrava che lì dentro, oltre il grande portone verde e il campanello che tintinnava, ci fosse un piccolo mondo nel quale ogni volta ritrovava un ritmo di vita che lo appagava.