Un incontro con Giuseppe Verdi

Tratto da: Lettres et souvenirs 1871-1874, Parigi, 1920, pp. 232-241

di Henri Maréchal (Trad. Marinette Pendola)

Si sentì il campanello d’inizio. Il tempo di calpestare qualche altro alluce e mi ritrovai seduto al mio posto.
La disposizione degli esecutori era quella adottata nella maggior parte dei teatri in cui si danno concerti. In un decoro da salone chiuso, l’orchestra era disposta ad anfiteatro; sui lati, i cori stavano seduti e, in primissimo piano, quattro poltrone attendevano i solisti. Una piccola pedana, infine, disposta davanti alla buca del suggeritore, era riservata al Maestro.
Apparve!
Simili al rombo di un tuono, gli applausi scrosciarono unanimi, febbrili, interminabili… Verdi, con un sorriso soddisfatto, salutava come un principe, un re, un uomo che da lungo tempo ha la piena consapevolezza del proprio genio.
Secondo l’uso dei direttori d’orchestra dell’antico Théâtre-Italien di Parigi, portava i guanti. Una sfumatura tuttavia – è il caso di dirlo – poiché i guanti bianchi tradizionali erano grigio perla!
L’esecuzione fu di un impareggiabile splendore vocale! I solisti erano quattro cantanti d’eccezione: Teresina Stolz e la Waldmann come soprani; in quanto agli uomini non saprei precisare altrettanto bene. Arthur Pougin, nel suo notevole Supplément à la biographie universelle des musiciens di Fétis, cita il tenore Capponi e il basso Maini. Mi sembra di aver invece ascoltato quel giorno Masini e Pandolfini; ma non potrei affermarlo.
Dopo tutto, un cambiamento di artisti imposto all’ultimo minuto, da qualche causa imprevista come succede spesso, può darmi ragione senza che Pougin, di solito documentato in modo così coscienzioso e sicuro, sia accusato di essere inesatto!
Comunque sia, i quattro artisti interpretarono la Messa da Requiem di Verdi all’Opéra-Comique, lo ripeto, in modo assolutamente straordinario. Il ricordo della loro voce e del loro talento ha lasciato in me un’impressione molto più viva dell’opera stessa.
Letteralmente ipnotizzato dalla vista dell’autore, in quel momento in lotta con correnti così opposte dell’arte italiana, ho ascoltato?…. Non saprei….. Verdi era lì, davanti a me, e la sua presenza come quella di un dio che paralizza qualsiasi volontà di ricerca o di analisi, mi lasciava appena la facoltà di subire l’influenza puramente fisica delle voci!
Un tale stato di fervore non potrebbe mantenersi nel tempo; e, pur avendo continuato ad attribuire al genio di Verdi la venerazione che merita, mi sento oggi più a mio agio nel rendergli un omaggio più ponderato, più equilibrato, senza che ciò attenui la rispettosa ammirazione che provo!
(…)


Immagine nella pagina:
Caricatura litografica di Melchiorre Delfico raffigurante Giuseppe Verdi che riceve i complimenti dall'imperatore Napoleone III e dall'imperatrice Eugenia dopo l'esecuzione del Don Carlos a Parigi, sec. XIX, Museo Teatrale alla Scala, Milano

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Aprile-Giugno 2005 (Numero 1)

Dipinto di Cinzia Fiaschi, particolare

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