«... alla sua Speranza la sua Carlotta...»
28 giugno 1850
(dall'album: dedica di una fotografia)
Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone,
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti con monito, salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherrotipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,
il cucù dell’ore che canta, le sedie parate a damasco
chermisi… rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!
I fratellini alla sala quest’oggi non possono accedere
che cauti (hanno tolte le federe ai mobili: è giorno di gala)
ma quelli v’irrompono in frotta. È giunta è giunta in vacanza
la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta.
Ha diciassette anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:
da poco hanno avuto il permesso d’aggiungere un cerchio alla gonna;
il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine:
più snella da la crinoline emerge la vita di vespa.
Entrambe hanno uno scialle ad arance, a fiori, a uccelli, a ghirlande:
divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guance.
Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore
sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza.
Han fatto l’esame più egregio di tutta la classe. Che affanno
passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio.
O Belgirate tranquilla! La sala dà sul giardino:
fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino.
Silenzio, bambini! Le amiche – bambini fate pian piano! -
le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche:
motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto
di Arcangelo del Leuto e di Alessandro Scarlatti;
innamorati dispersi, gementi il «core» e «l’augello»,
languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:
… caro mio ben
credimi almen,
senza di te
languisce il cor!
Il tuo fedel
sospira ognor
cessa crudel
tanto rigor!