Oimè! Ché giocando, un volano, troppo respinto all’assalto
non più ridiscese dall’alto dei rami d’un ippocastano!
S’inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago,
sognando l’amore presago nei loro bei sogni trilustri.
«… se tu vedessi che bei denti! – Quant’ anni? – Vent’otto.
– Poeta? – Frequenta il salotto della Contessa Maffei!»
Non vuole morire, non langue il giorno. S’accende più ancora
di porpora: come un’aurora stigmatizzata si sangue;
si spegne infine, ma lento. I monti s’abbrunano in coro:
il Sole si sveste dell’oro, la Luna si veste d’argento.
Romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,
il sogno di tutto un passato nella tua curva s’accampa:
non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?
Vedesti le case deserte di Parisina la bella
non forse? Non forse sei quella amata dal giovane Werther?
«…Mah!… Sogni di là da venire. – Il Lago s’è fatto più denso
di stelle – …che pensi?… – Non penso… – Ti piacerebbe morire?
«Sì! – Pare che il cielo riveli più stelle nell’acqua e più lustri.
Inchìnati sui balaustri: sognamo così, tra due cieli…
«Son come sospesa: mi libro nell’alto!… – Conosce Mazzini…
– E l’ami? – Che versi divini!… Fu lui a donarmi quel libro,
ricordi? che narra siccome amando senza fortuna
un tale si uccida per una: per una che aveva il mio nome».
Carlotta! Nome non fine, ma dolce! Che come l’essenze
risusciti le diligenze, lo scialle, la crinoline…
O amica di Nonna conosco le aiuole per ove leggesti
i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo.
Ti fisso nell’albo con tanta tristezza, ov’è di tuo pugno
la data: vent’otto di Giugno del mille ottocento cinquanta.
Stai come rapita in un cantico: lo sguardo al cielo profondo,
e l’indice al labbro, secondo l’atteggiamento romantico.
Quel giorno – malinconia! – vestivi un abito rosa
per farti – novissima cosa! – ritrarre in fotografia…
Ma te non rivedo nel fiore, o amica di Nonna! Ove sei
o sola che – forse – potrei amare, amare d’amore?