La decorazione del Teatro Comunale di Bologna

Appunti sulla storia dell'arte a Bologna intorno al 1860

di Chiara Albonico

Nel corso dei primi decenni dell’Ottocento fu portata a termine la costruzione del Teatro Comunale di Bologna. Eretto a partire dalla seconda metà del Settecento su progetto dei fratelli Bibiena, architetti toscani che si specializzarono nella progettazione e costruzione di teatri al punto da creare uno stile assolutamente riconoscibile, il teatro andò a riempire l’area del guasto, cimitero all’aria aperta di una delle perle del Rinascimento bolognese. Nell’isolato fra piazza Verdi e via Belle Arti, fra il 1460 e il 1507, era stato costruito e poi distrutto il palazzo dei Bentivoglio, già signori di Bologna, descritto dalle cronache del tempo come una delle meraviglie non solo di Bologna ma di mezza Italia. L’entrata in città di papa Giulio II, nel 1507, aveva avviato una stagione di imposta e calcolata cancellazione della memoria: a specifici editti si deve la cacciata dei simpatizzanti bentivoleschi, l’abrasione degli stemmi, e perfino la distruzione del palazzo.

19_comunale01Il guasto del palazzo, pur istigato dalle truppe papaline, si era rivelato un’azione dei bolognesi contro se stessi e la loro storia recente; un moto violento che, come se avesse colpito un organismo vivo, non poteva passare come se nulla fosse. La memoria della distruzione infatti aveva lasciato per più di due secoli un vuoto di ruderi e muri rotti nel cuore del centro cittadino, un vuoto che per molto tempo, appunto per più di due secoli, nessuno aveva voluto o osato toccare, riempire, sfidare, finché nel Settecento non si decise di porre fine alla questione tacitando i fantasmi del passato.

Così fu dato il via, in quel luogo, alla costruzione del Teatro Comunale. Come se avesse assorbito i tormenti delle vicende passate, il Teatro non era destinato ad avere vita facile, così come furono tormentate le vicende della sua decorazione.

Fu ornato una prima volta fra il 1828 e il 1830 da Pietro Fancelli e Mauro Berti. Com’era d’uso al tempo più artisti partecipavano alla decorazione di ambienti molto grandi o di appartamenti nobili nei palazzi, spesso con compiti differenti: la suddivisione dei lavori più frequente era fra quadraturisti o ornatisti (ovvero coloro che avevano il compito di dipingere le finte architetture, gli ornamenti, le cornici e quant’altro) e figuristi, ovvero coloro che animavano le scene con i personaggi. Tornando al Teatro, un altro elemento decorativo era costituito dal sipario, prima che questo fosse sostituito quasi ovunque dal tendone rosso scuro o nero che siamo abituati a vedere. Il sontuoso sipario del Teatro fu dipinto da Napoleone Angiolini e da allievi della scuola dei Gandolfi, pittori del Settecento bolognese, e rappresentava il Trionfo di Felsina con numerose divinità, le allegorie delle belle Arti e un leone.

Dopo questa prima decorazione terminata nel 1830 si affacciarono i primi problemi: nonostante l’edificio fosse stato terminato da circa trent’anni, alla metà del secolo accusava già problemi strutturali. Inizia così, troppo presto per una costruzione nuova, una stagione di ristrutturazioni, sistemazioni e lavori. Dopo aver consolidato la struttura, negli anni 1853-1854 si mise mano al boccascena, ai palchi e, per la seconda volta in poco più di vent’anni, alla decorazione. L’architetto Parmeggiani si occupò dell’ornamento del soffitto e quindi, dopo aver riassestato la struttura, furono scelti gli artisti.


Immagine nella pagina:
A. Muzzi, La Musica, bozzetto

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Novembre 2011 (Numero 19)

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