L'Ottocento in casa Gellini

di Marta Gellini

Nella mia famiglia di solida tradizione repubblicana, ostinatamente anticlericale e anticomunista, poi, si sa, molti figli non seguono le orme dei padri...

Proseguiamo.

Quest’estate sono andata a Brisighella. Sono affezionata a questa cittadina, perché da piccola era una delle mete delle gite domenicali e perché ci sento il profumo di Fognano, di quei fine settimana che ci affaticano e ci animano così profondamente.
Il proprietario della Locanda Cavallina, sapendo delle mie origini romagnole, ha chiesto da dove venissi precisamente e, per la verità, ha subito simpaticamente preso le distanze da quel pezzo di Romagna che mi ha dato i natali, secondo lui così pieno di nebbia e di gente dura.
Il discorso è proseguito dentro di me facendo affiorare alcuni ricordi, quelli che danno calore nei momenti tristi.

Sono nata in un minuscolo paese di nome Ragone. Nella cucina di casa mia c’era un piccolo crocefisso bianco, trasparente, quasi invisibile: una concessione alla componente femminile di famiglia, immagino.
Nella sala, però, campeggiava, al posto d’onore, Giuseppe Mazzini, in un grande ritratto che è rimasto saldamente al suo posto fino a quando, negli anni '80, la famiglia si è trasferita a Bologna.

Terre dure… Le fazioni erano quelle dei verdi repubblicani e dei rossi comunisti.
Il Primo Maggio il cancello di casa mia, normalmente spalancato, era chiuso perché non doveva entrare chi distribuiva il garofano rosso. Quando poi Radio Capodistria trasmetteva l’inno Bandiera Rossa si doveva necessariamente azzerare il volume.
Sono vivi nella mia memoria i tempi in cui le elezioni politiche erano precedute da un gran via vai fra le case del paese e ci si vestiva a festa per compiere il proprio diritto – dovere per eccellenza.

Due ricordi mi rimandano a una sensazione di leggerezza gioiosa non usuale nella mia infanzia disturbata da una vita familiare molto conflittuale.

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Ottobre-Dicembre 2008 (Numero 11)

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