Cavalleria Rusticana

Tore e' Criscienzo, Nicola Jossa e il Ponte della Maddalena

di Andrea Olmo

La vita del De Crescenzo continuò tra violenze, sopraffazioni, permanenze più o meno lunghe nelle carceri e omicidi, tra cui quello del suo storico nemico Antonio Lubrano, e il suo potere, contestualmente, crebbe a dismisura.
Il Questore Aveta si rese ben presto conto che l’unico modo per fermare Tore e’Criscienzo, e scalzare il suo predominio sul Ponte della Maddalena, era di batterlo con le sue stesse armi: qualcuno, insomma, doveva sconfiggere a duello il potente capintesta, e umiliarlo di fronte a tutta Napoli. E il funzionario di Polizia, forse, aveva l’uomo giusto per questo compito!

Da tempo, infatti, alcuni guappi di sciammeria (letteralmente Guappi con il frac, ad indicare le origini di solito borghesi dei guappi, mentre i camorristi provenivano generalmente dagli ambienti popolari), delinquenti napoletani non affiliati alla Camorra, si erano messi al servizio della Polizia, rendendo importanti servigi allo Stato e consentendo l’arresto di numerosi criminali. Uno di questi guappi, Nicola Jossa, o Ajossa secondo alcuni documenti, sembrò ad Aveta la persona ideale per sfidare il De Crescenzo.
A questo punto bisogna ricordare alcune cose sul duello di Camorra: la cosiddetta zumpata. I camorristi, per darsi un tono di nobiltà, amavano scimmiottare le usanze di aristocratici e borghesi. I cerimoniali di iniziazione della Bella Società, ad esempio, imitavano le corrispondenti cerimonie Massoniche o Carbonare, e anche la zumpata ricalcava un po’ gli schemi del duello cavalleresco.

Lo scontro, come il suo parente più nobile, era articolato in più fasi: l’appicceco, o litigio, durante il quale i due contendenti si sfidavano ufficialmente, cui seguiva il ragionamento, in cui amici comuni tentavano, in via però puramente formale, di ricomporre la controversia. A queste due fasi preliminari poteva seguire, ma non era obbligatorio, il banchetto, momento in cui i contendenti si recavano in una taverna dove facevano a gara ad offrirsi bevande e cibi prelibati. Quindi, ad un ordine dell’arbitro, detto anche sgarecacane, si dava inizio alla zumpata vera e propria combattuta, di solito, con il coltello.
Nicola Jossa, il guappo passato alla Giustizia, fu incaricato dal Questore Aveta di sfidare Tore e’Criscienzo; lo Jossa si recò coraggiosamente da solo al Ponte della Maddalena e affrontò il capintesta, rivolgendogli le seguenti parole: Da oggi in avanti, tu qua non comandi più! Il Ponte della Maddalena appartiene alla Legge!

Dopo una lunga e tranquilla discussione, i due decisero di sfidarsi ad una zumpata, la mattina dopo al Campo di Marte. L’evento fu quasi leggendario, tant’è che, a tutt’oggi, lo storico duello è ancora un tema ricorrente della sceneggiata, il tipico teatro popolare partenopeo.
Al momento dello scontro i due si misero a torso nudo e, quindi, passarono a presentarsi; il primo a parlare fu il feroce capintesta: I’ song’ Tore e’Criscienzo! (Io sono Salvatore de Crescenzo!), disse, estraendo l’affilato coltello.
E i’ song’ Nicola Jossa! (E io sono Nicola Jossa!), rispose l’ex-guappo, fissando negli occhi l’avversario per nulla intimorito.
La zumpata fu lunga e drammatica e più volte entrambi i contendenti furono sul punto di soccombere: alla fine, però, lo Jossa ebbe la meglio, e disarmò il De Crescenzo.
Generosamente, però, non volle infierire e, anziché uccidere l’avversario, si limitò a ferirlo ad un braccio. Il Ponte della Maddalena appartiene alla Legge - disse a quel punto Tore e’Criscienzo - Accompagnami al carcere.

Grazie al coraggio di Nicola Jossa, il Questore Aveta poté liberare Napoli da numerosi altri camorristi; tuttavia il funzionario si dimostrò poco riconoscente nei confronti del suo alleato: quando non ebbe più bisogno di lui, infatti, lo fece arrestare ed incarcerare e lo Jossa morì di tubercolosi in cella di segregazione.
La Camorra, nonostante tutto, continuò ad imperare, fino al fatidico 1912 quando, in seguito al famoso processo per l’omicidio Cuocolo, istruito grazie alle indagini del coraggioso Capitano dei Carabinieri Carlo Fabbroni, i suoi capi vennero tutti condannati e incarcerati. L’ironia è che, circa trent’anni dopo, si scoprì che le indagini che avevano portato a questo clamoroso risultato avevano preso le mosse da un banale errore giudiziario!
Comunque sia, la Bella Società Riformata fu sconfitta, e per lunghi anni a Napoli non si sentì più parlare di Camorra, almeno fino ai primi anni ‘70 del Novecento, quando un giovane criminale di Ottaviano, tale Raffaele Cutolo, detto O’Professore, non ricreò l’associazione a delinquere, rendendola ancora più feroce e sanguinaria di quella di un secolo prima. Ma questa è un’altra storia…


Immagine nella pagina:
Veduta di Napoli in una cartolina d’Epoca

Fine.
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Ottobre-Dicembre 2008 (Numero 11)

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