Dovevo essere imperatrice

di Ilaria Faraci

Il principe ereditario è seduto, piegato in avanti sul bordo del letto, immobile, col sangue che gli cola dalla bocca. Il medico distende il cadavere ormai freddo del principe Rodolfo: il cranio è trapassato da una pallottola all’altezza delle tempie, e la stessa antica ferita si riscontra anche sulla fanciulla. Nella camera vengono rinvenute entrambe le pallottole (…).
Sul letto accanto giace il cadavere della fanciulla. E’ la baronessa Maria Vetzera. Bianchissima, gelida e già completamente irrigidita. La fanciulla giace distesa in tutta la sua soave bellezza, i capelli sciolti sulle spalle, una rosa tra le mani incrociate.
(E. Corti)

L’omicidio-suicidio del principe ereditario Rodolfo a Mayerling getta un’ombra oscura e inquietante sulla casa d’Austria. Molto inchiostro è stato versato sul folle gesto ma la verità appare ancora lontana. I protagonisti di questo macabro scenario non approverebbero un tale interessamento. Essi desideravano essere finalmente liberi da qualsiasi giogo e tutto questo parlare li avrebbe disturbati. In fondo la pena maggiore non è per loro che sono sfuggiti al destino, ma per chi è sopravvissuto e ha avuto la vita annientata da tale evento, prima fra tutti la principessa ereditaria Stefania, un personaggio ormai sbiadito nel tempo, che, alla notizia del ritrovamento dei corpi vide distrutta la speranza di diventare imperatrice e vanificato il paziente lavorio di quegli anni.

Stefania nacque nel castello di Laeken, residenza estiva della corte del Belgio, il 21 maggio 1864, terza dopo un fratello (morto piccino, lasciando i genitori senza un figlio e senza eredi maschi) e dopo una sorella, Luisa. Dopo di lei nascerà un’altra femmina, Clementina.
Stefania crebbe in un clima molto teso dovuto ai rapporti litigiosi dei genitori. La sua educazione fu assai spartana, contornata a tratti da vene di sadismo. Adulta, ricordava ancora con orrore quando, dopo una marachella, veniva rinchiusa al buio per delle ore tra due porte.

Nessuno ascoltava le urla della bambina che alla fine cadeva a terra stremata. Un’altra tortura era riservata all’ora di cena: i servitori sfilavano davanti alle bambine con dolci e leccornie di ogni tipo ma le principesse dovevano rifiutare tutto, compreso il più piccolo confetto, il rischio era una pena peggiore di quella descritta precedentemente.


Immagine nella pagina:
Rudolf con la moglie Stefania
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Gennaio-Marzo 2007 (Numero 6)

La casa di Carducci, attorno al 1850 (particolare)
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