Quando scoprii la cosa, ebbi subito bisogno di verificarne l’attendibilità.
Era troppo ghiotta la notizia per chi almanacca sovente.
Pensai che a volte le fantasie prendono corpo e in quel caso devi essere ben sicuro di non confondere realtà e immaginazione.
Presi la tabella a doppia entrata di classificazione e calcolando fra righe e colonne e cercando nelle definizioni quella precisa, arrivai alla conclusione.
Si, c’era parentela: un pezzetto di storia, quella con la esse maiuscola si legava, stando alla scienza genealogica, al sottoscritto.
Conosco due tipi di reazione a queste notizie. La prima quella normale, sana e pragmatica che dice: ho qualche vantaggio reale, c’è qualche lascito, qualche merito. No. E allora che mi importa?
E la mia.
Infatti io mi lasciai prendere dal sacro zelo del ricercatore, e allora esplorai archivi, indagai fra libri sepolti in biblioteche, pedinai vecchie pubblicazioni oramai fuori catalogo, analizzai i banchetti dei librai antiquari in cerca di chissà quali gemme, e come l’archeologo scavai nei mercatini delle cose vecchie fra i cumuli di casse e scatoloni sporchi tirati su dalle cantine dai solfanai, con grande ripugnanza di mia moglie, e spesso trovai, avvalorando il detto: chi cerca trova. Tutto questo per raccogliere scritti, libri, testimonianze, racconti sulle vicende di quel secolo epico.
La scoperta quindi è che fra me e il generale garibaldino Domenico Piva, braccio destro di Nino Bixio, c’è un legame di parentela di VIII grado, che a dirlo non sembra neanche tanto distante, e invece onestamente lo è poiché costui era un cugino di primo grado della mia trisavola da parte di madre, ramo veneto, rodigino, ma comunque certo e autenticato dalle fonti.
Il gioco è divertente, la fantasia corre, soprattutto se trovi una cugina a Varese, di secondo grado però, che ti asseconda nella tua stessa mania, e lo fa con grande professionalità e passione, fornendoti dovizia di notizie e aneddoti che squarciano il velo del tempo e dell’oblio in cui gli avi erano sepolti e praticamente sconosciuti fino ad allora.
Questo ufficiale dei Mille, se non di primissimo piano, è però un personaggio di una certa notorietà - se non altro per gli storici dell’epopea risorgimentale - il quale partecipò a diverse gesta eroiche: la battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, quella decisiva di Maddaloni, a Calatafimi e prima ancora a difesa della Repubblica Romana da sottotenente con Garibaldi e poi nella conseguente trafila verso Cesenatico e le Valli del delta del Po.
Immagine nella pagina:
Cristofori Piva Carolina in una fotografia (particolare)