Intanto Abu Tabela continuava nelle sue dubbie imprese. Nel 1841 si trovò ad affrontare la pericolosissima rivolta delle truppe sikh di stanza a Peshawar, truppe che fino a quel momento avevano costituito il pilastro del suo potere in città. Paolo però non si fece intimorire: mobilitò immediatamente i Najib, la sua fedelissima guardia personale, formata esclusivamente da musulmani, e promettendo libertà di saccheggio ottenne l’aiuto di capi-tribù e briganti locali, nonostante molti di questi fossero parenti di persone che aveva fatto uccidere in passato. Nel giro di pochi giorni, Abu Tabela stroncò la rivolta in un bagno di sangue!
Il momento di maggior gloria di Paolo arrivò nel 1842. Quell’anno vide il fallimento della spedizione militare inglese in Afghanistan che si concluse con una tragica ritirata verso il Khyber Pass e con la quasi totale distruzione del corpo di spedizione.
In quest’occasione Abu Tabela si guadagnò l’incondizionata stima dei britannici, fornendo loro tutta l’assistenza necessaria e impedendo, grazie alla sua influenza, che i Sikh si alleassero con gli afgani, cosa che avrebbe messo gli inglesi in serie difficoltà. Inoltre prestò di tasca propria ai britannici, a corto di soldi, l’iperbolica somma di dieci lakhs (un milione) di rupie! Naturalmente il prestito non fu del tutto disinteressato. Avitabile chiese infatti che la restituzione della somma avvenisse in un conto di una banca inglese ottenendo, in questo modo, di trasferire in Europa, esentasse e al riparo da possibili rischi di furto, gran parte delle ricchezze da lui accumulate in India.
Nel 1841 intanto Ranjit Singh era morto e il suo successore, il debole e inetto Sher Singh, fu ucciso da alcuni militari rivoltosi nel 1843. Resosi conto di rischiare la medesima fine, Abu Tabela decise allora di lasciare il suo incarico e raccolte le sue ingenti ricchezze e salutate le numerose concubine del suo harem, ritornò in Europa. Dopo una breve sosta a Parigi e Londra, città nelle quali ricevette onori e riconoscimenti, venendo addirittura ricevuto dal Duca di Wellington, rientrò a Napoli, dove però, data la proverbiale taccagneria dei Borboni, l’accoglienza lasciò piuttosto a desiderare. Ritiratosi ad Agerola iniziò a costruire un castello e si diede ad effettuare esperimenti zootecnici, selezionando la nuova razza bovina Agerolina, a partire da alcune mucche di razza Jersey donategli dai britannici. Si sposò con la giovane cugina Enrichetta Coccia, appena diciannovenne: fu però un matrimonio di breve durata, poiché il 28 marzo 1850 Abu Tabela improvvisamente morì. Nulla si sa delle cause del suo decesso anche se il fatto che fosse morto dopo aver mangiato del capretto cucinato da Enrichetta, e che quest’ultima, guarda caso, fosse amante di un farmacista, indusse molti a sospettare che Paolo fosse stato avvelenato.
I ricordi che Avitabile lasciò di sé furono una cospicua eredità, che diede luogo ad una colossale rissa giudiziaria tra parenti veri o presunti, i ruderi del suo castello, che non fu mai terminato, e una pietra tombale che illustrava, pomposamente, le sue presunte virtù. Ma soprattutto, ovviamente, la terribile leggenda nera di Abu Tabela, che ancora oggi aleggia sulle cupole delle moschee della lontana e selvaggia Peshawar!
Immagine nella pagina:
Lapide della tomba di Paolo Avitabile