Giovanni Fattori: un pittore cronista alla prima Esposizione Nazionale di Firenze

di Chiara Albonico

Giovanni Fattori (Miniatura 219x277 px)La nostra storia comincia a Firenze intorno agli anni Quaranta dell’Ottocento. Giovanni Fattori, giovane artista promettente ma non proprio un enfant prodige, viene spedito dalla famiglia livornese a studiare pittura a Firenze. Dalle lettere di un ragazzo di provincia giunto nella città capitale, simbolo, capofila dell’arte italiana del tempo e dei tempi passati, una città intrisa di storia e d’arte, dalle osservazioni di un ragazzo mandato lì proprio per imparare a dipingere, ci si aspetterebbe stupore, entusiasmo o meraviglia: invece, niente. Ma c’è un perché.

All’epoca, alla scuola dell’artista Bezzuoli o all’Accademia, si imparavano lo studio dal vero, l’anatomia, la copia dai modelli prima di gesso e poi in carne e ossa, l’ornato dei panneggi, si copiavano le grandi tele o gli affreschi del passato, e tutto ciò serviva per comporre altri racconti, altri drammi, altre figure, per inscenare altre trasposizioni di opere letterarie, di poemi o di melodrammi: in una parola, per dipingere altra pittura di storia. Dei grandi drammi descritti nei dipinti dell’epoca, di Dante, delle grandi battaglie rinascimentali, degli amori, dei dolori, dei melodrammi poi musicati dai più grandi compositori dell’epoca, a Fattori interessava lo spunto civico, la storia del passato vissuta come presente.

Quella storia fatta di battaglie e di eroismo, costellata di uomini impavidi pronti a morire per un ideale e di donne coraggiose che soccorrono, confortano, e allo stesso modo non cedono, quella storia che gli vediamo dipingere ad esempio nel piccolo quadro I difensori della libertà fiorentina affrontano conversando il patibolo (1856), non era altro per lui che un preludio di ciò che lui stesso non vedeva l’ora di vivere. Dai moti di Livorno del 1848 all’Unità d’Italia Fattori visse, finalmente in prima persona, quella storia di redenzione fino a quel momento solo sognata, dipinta, vissuta attraverso episodi antichi e ora davvero incarnata, viva, presente.

Fattori affrontava allo stesso modo la grande arte del passato: impaziente di vivere ciò che vedeva e studiava. Dei cicli di affreschi dell’epoca d’oro del Rinascimento fiorentino, delle opere di Andrea del Sarto, che lavorava a Firenze all’inizio del Cinquecento, a Fattori interessavano la luce e i colori e come la combinazione di questi elementi potesse costruire la scena. Questa sua capacità di prendere dalla grande storia o dai maestri dell’arte solo ciò che gli interessava gli permise di guidare, insieme a pochi amici, il salto della pittura italiana verso la modernità. Probabilmente non aspettava altro: Venne il ’59... e dal ’59 fu una rivoluzione di redenzione patria, e di arte sorsero i macchiajoli scriverà molti anni più tardi.


Immagine nella pagina:
Giovanni Fattori, Autoritratto, 1854, olio su tela, 59 x 47 cm, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze

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