Giovanni Fattori: un pittore cronista alla prima Esposizione Nazionale di Firenze

di Chiara Albonico

Fattori stava elaborando, lo abbiamo visto, la matrice del quadro di storia contemporanea. Partecipò così al concorso con due bozzetti rappresentanti Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta e fu prescelto per l’esecuzione del dipinto ufficiale. Per il giovane sperimentatore era il salto di qualità, l’aver vinto il concorso e avere la possibilità di sviluppare in grande la sua idea di storia e di pittura, e poterla esporre, significava aver visto giusto.

Giovanni-Soldati-francesi-alle-Cascine (Miniatura 219x81 px)Due anni dopo il concorso, nel 1861, Firenze fu la sede della prima Esposizione Nazionale di Prodotti Agricoli e Industriali e di Belle Arti, ovvero l’esposizione di quanto di meglio l’Italia – che ormai di Italia si poteva parlare – aveva da offrire. Perfino la sede scelta per l’Esposizione sapeva di nuovo, se non di contemporaneo: il riutilizzo della Stazione Leopolda a Porta a Prato come sede espositiva è un interessante esperimento, probabilmente all’epoca abbastanza incosciente, di riuso di architetture moderne o industriali come contenitori per espressioni artistiche.

L’Esposizione fu l’occasione, per i pittori, per poter dire io vorrei essere un grande artista, io lo voglio essere per poter dire sono Italiano, come Domenico Morelli scriveva negli anni cinquanta dell’Ottocento, quando le tensioni della storia erano ancora vive e l’esito non del tutto certo. Si videro in mostra molti diversi tentativi di dare espressione a questa voglia di essere Italiani, ovvero nuovi, anche nella pittura e in particolare nel genere maggiore, quello storico. Non mancavano paesaggi, ritratti e visioni bucoliche ma era ancora il grande quadro di storia il banco di prova sul quale gli artisti si dovevano confrontare, come era stato da secoli, anche se poi spesso, per poter sopravvivere della loro arte, si adattavano ai ritratti o ad altri generi considerati minori.

Spiccavano fra gli altri dipinti in mostra gli Iconoclasti di Domenico Morelli, i cui personaggi sono illuminati da luci forti e contrastate come su un palcoscenico; La Cacciata del Duca di Atene di Stefano Ussi, dipinto dalla lunga elaborazione anch’esso risolto come una affollata scena teatrale neo-medievale lodata però, al tempo, come il più bel quadro di tutta l’esposizione, una scena trattata con così raro magistero come si leggeva nella guida. Accanto al grande quadro dell’Ussi c’era La disfatta di Ezzelino da Romano, che Adeodato Malatesta aveva iniziato nel 1841 e terminato solo nel 1856. In quest’ultima opera fu ravvisato il tema reale sotteso all’episodio storico, ovvero il trionfo della giustizia contro la tirannia dei feudatari. Questo valore civile fu riconosciuto e l’opera premiata ma non apprezzata abbastanza dal pubblico perché affiancata, nell’esposizione, agli Iconoclasti del Morelli, tanto più moderna come concezione e come pittura, uno dei più belli e lodati lavori di tutta la galleria... non soltanto una bella imitazione del vero, ma la creazione di una possibile verità, come si leggeva nella guida. Era questo dunque quello che si cercava: una possibile verità messa in scena.


Immagine nella pagina:
Giovanni Fattori, Soldati francesi alle Cascine (non datato), olio su cartone applicato a tela, 14,5 x 43,5 cm, collezione privata

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