La regola prescriveva che in ogni caso fossero lunghe, seguendo l’antico proverbio riportato da Pellegrino Artusi
conti corti e tagliatelle lunghe o nella variante
messa corta e tagliatelle lunghe. Anche gli strichetti venivano consumati sia come pasta asciutta che come minestra in brodo. È da ricordare che a Bologna ancora oggi quando parliamo di
minestra intendiamo sia la pasta in brodo che quella asciutta.

La castagna, alimento essenziale per le popolazioni di montagna, veniva consumata bollita, arrostita o essiccata, in zuppe, o come farina nella preparazione del castagnaccio, cotto al forno (da fare a fette, a volte arricchito con uva passa), o di frittelle. La farina di castagne era alla base anche delle
mistocchine ottenute dall’impasto di farina, acqua e sale, cotte lentamente su piastre scaldate. Venivano prodotte al momento e vendute in città per strada: le ultime venditrici di
mistocchine operarono sin oltre la metà del ‘900.
La rivoluzione agricola, con la penetrazione del capitalismo nelle campagne, portò nell’Ottocento a un forte incremento nella coltivazione e nel consumo del riso e del granoturco, quest’ultimo soprattutto sotto forma di polenta.
Frequentemente la polenta veniva consumata assieme ad aringhe o altri pesci simili, provenienti dai mari del nord, salati o affumicati (
sarâca). Nelle famiglie più povere la polenta arrostita veniva insaporita anche dal solo contatto con la
sarâca.
Il consumo quasi esclusivo di polenta nelle popolazioni più povere delle campagne e soprattutto della montagna, le rendeva vittime della pellagra, malattia che si manifestava con desquamazione della pelle (delle mani e del collo soprattutto), diarrea, demenza fino al collasso dell’organismo, che portava alla morte.
Immagine nella pagina: Vignetta tratta dal giornale satirico La Rana