Viaggio (andata e ritorno) nell’alimentazione a Bologna nell’Ottocento

di Stefano Lollini

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Notevole era il consumo di vino, che vide un aumento di consumo e produzione soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento. Nelle abitazioni del territorio bolognese si bevevano vini locali, soprattutto bianchi, ma anche rossi, spesso di produzione casalinga, provenienti da vitigni quali Albana, Trebbiano, Montuni, Lambrusco, Barbera e in seguito da nuovi vitigni come Sauvignon e Riesling. Molti bolognesi acquistavano l’uva già pigiata e secondo l’usanza locale vi aggiungevano acqua, per evitare un prodotto giudicato troppo violento.

Nel 1875 erano attivi a Bologna oltre 900 esercizi pubblici adibiti alla ristorazione e all’ospitalità: osterie, trattorie, locande, ristoranti, taverne, caffè, rivendite di vini e liquori, birrerie, bigliardi, bettole e alberghi. Tra i principali possiamo ricordare il Caffè degli Stelloni, ritrovo di liberali bolognesi, il Caffè dei Cacciatori, locale frequentato anche da Carducci, assiduo pure della bottiglieria di Luigi Cillario, del Caffè dei Servi e del Caffè del Pavaglione. Carducci apprezzava i vini rossi e puri, non preparati con aggiunta d’acqua.

Alla trattoria del Botteghino nel 1826 si poteva consumare un pranzo completo composto da minestra, quattro piatti, frutta, pane e vino. Nelle osterie si mangiavano soprattutto aringhe, uova sode, frittate e si era allietati da musicisti. Non si può non ricordare l’Osteria del Sole, la più antica ancora oggi attiva che, come si apprende da Mitelli, offriva frittate: oggi come allora gli avventori possono gustare i vini del locale e portare da sé il cibo. Nelle tante osterie e bettole si servivano vini locali, mentre nei caffè e nei ristoranti venivano proposti vini toscani, francesi, spagnoli, o costosissimi vini esotici.

È da sottolineare che era usanza andare a teatro (ad esempio al Nosadella) portando cibo, che veniva consumato soprattutto durante gli intervalli dello spettacolo, cibo la cui varietà dipendeva dalla condizione economica dello spettatore. Come testimonia Alfredo Testoni, alcuni portavano borse piene di maccheroni, tortellini, cotechino, salsiccia, mortadella, zucche (fiaschi) di vino, dolci e frutta, mentre i meno abbienti acquistavano all’interno del teatro crescentine, caldarroste e i brustulli (semi di zucca tostati e salati). Ci è giunto il menù di una di queste cene alla quale partecipò nel 1843 Rossini: prosciutto, ala di gallinaccio, bocca di dama, sfrappole e vini rari.

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Maggio 2017 (Numero 27)

Vignetta tratta dal giornale satirico La Rana, n. 19

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