Gli eroi son tutti giovani e belli

Gli amori del "mito" Garibaldi

di Pierpaolo Franzoni

Queste poche righe non sono una biografia, né un saggio accademico; non pretendono di dare un equilibrato giudizio storico su chi, già consegnato alla storia, non ne ha certo bisogno.
Vorrei solo parlare di un uomo e delle donne che ha incontrato; un uomo che, come il sentimento popolare ci ha trasmesso, dedicò la sua vita ad ideali da cui non si allontanò mai, ma che si lasciò attraversare dall'amore quando lo incontrò sul suo cammino.
Una vita che ebbe il passo sospeso di un valzer lento nell'ultimo addio ad Anita nella pineta delle Mandriole; l’incalzare di una contraddanza nelle fragorose battaglie nelle terre del Rio Grande e nella calda Sicilia; o la struggente malinconia di una ballata irlandese tra la schiuma delle onde che si infrangevano sulla spiaggia nei tramonti di Caprera.
Un eroe biondo, che Lady Shaftesbury implora perché le doni una ciocca di capelli; un marinaio nizzardo che in Sudamerica fece innamorare la bellissima Manoela, la quale preferì non sposarsi mai se non poteva avere lui.

Le cronache riportano di un Garibaldi che si sforzava di essere gentiluomo salottiero, lui ex ragazzo del porto e mozzo giramondo, quando a Bologna improvvisò un corteggiamento nei confronti di Paolina Pepoli; così a Londra si fidanzò con la colta Emma Roberts, la quale restò sua amica sincera anche in Italia e cercò inutilmente di ammansirne l’indole selvaggia suonando per lui sui tasti di un pianoforte i notturni di Chopin.
Ma l’indole di Garibaldi si esprimeva meglio forse con le donne dei porti di mezzo mondo e infine nel piccolo approdo di Caprera con le giovani governanti: come Battistina Ravello, che se non gli poté elargire grazia e fascino di cui era sprovvista, gli diede però una figlia libera e selvaggia come lui.
Riuscì a sconvolgere la vita dell’eccentrica contessa Maria Martini della Torre che, affascinata dalla sua figura patriottica, lo seguì sui campi di battaglia, ne vestì la camicia rossa, cavalcando con stivali e speroni, indossando la tunica bianca degli ussari e il cappello alla spagnola, e finendo la sua vita infelice nella follia.

E che dire delle tante nobildonne inglesi, che a quell’uomo nel pieno successo londinese della fama e della maturità, e allo stesso tempo così fragilmente arrendevole al fascino femminile, riservavano mille attenzioni e curiosità, concretizzate in donazioni per la causa? Come Florence Nightingale, come la duchessa di Sutherland e la moglie del deputato Charles Seely, le quali gli scrissero lettere che i loro mariti difficilmente avrebbero approvato.

O come Maria Espérance von Schwartz, altro grande idillio amoroso, bellissima scrittrice di racconti romantici e di viaggi con lo pseudonimo di Elpis Melena, i cui temi letterari sembravano adattarsi proprio alle gesta di quel cavaliere. Costei ambì ad essere la sua biografa, avendo avuto da lui il manoscritto delle sue memorie, che però le vennero, in seguito, riprese per essere consegnate al più famoso Dumas.

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Aprile-Settembre 2007 (Numero 7)

Anita Garibaldi, Museo Civico del Risorgimento, Bologna

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