Napoli - Portici

di Samuele Graziani

La preistoria delle ferrovie si sviluppa in Inghilterra ed è una preistoria molto breve, circa mezzo secolo. Siamo nella seconda metà del Settecento, i progenitori delle linee ferroviarie sono una sorta di treni trainati da cavalli. Il servizio è ovviamente privato, relativo a brevi tragitti di al massimo qualche miglio. Si tratta per lo più di miniere e fabbriche, i progenitori dei treni sono carri molto pesanti che viaggiano su rotaie di legno o ghisa per trasportare i prodotti al più vicino fiume o alla più vicina città.

Sul finire del diciottesimo secolo la preistoria diventa storia. L’ingegnere e inventore britannico Richard Trevithick produce la prima locomotiva a vapore, soprannominata puffing devil. Sarà un vero e proprio insuccesso: il suo peso eccessivo danneggia i binari su cui corre al punto che diventa economicamente non conveniente già alla sua terza corsa. Sarà così abbandonata, ma avrà comunque aperto un’era.
Dal 1804, anno di messa in funzione della puffing devil, passeranno altri tentativi, altre locomotive, altri anni, circa 25. Passeranno lotte politiche ed economiche, inventori e pionieri, sviluppi su sviluppi, fino ad arrivare al 1829.

Nell’ottobre del 1829 si svolge una singolare gara d’appalto. Bisogna stabilire quale sarà la locomotiva adatta a servire il tratto Liverpool-Manchester, e per farlo viene indetta una gara tra locomotive, la famosa Rainhill. Partecipano varie locomotive, la maggior parte non riescono nemmeno a completare i 90 km previsti, perché dovendo gareggiare a pieno carico si rompono prima dell’arrivo. Vincerà la Rocket, costruita da George Stephenson, il maggior esperto del periodo.

Nato nel 1781, come la maggior parte degli inventori anche Stephenson iniziò la sua carriera applicandosi a quello che vedeva tutti i giorni. Il padre lavorava in una miniera di carbone, a 14 anni George venne assunto nella stessa miniera, iniziò a studiare meccanica e a 21 anni diventò meccanico nella miniera. Progettò la sua prima locomotiva, la Blucher, nel 1814, per trasportare il carbone dalla miniera. Nei seguenti cinque anni progettò e realizzò altre 16 locomotive. La sua fama cresceva. Nel 1821 convinse il direttore della compagnia che aveva progettato la linea Stockton-Darlington a mettere in servizio una locomotiva piuttosto che un trasporto con cavalli. Nel 1825 si inaugurò la prima ferrovia pubblica destinata al trasporto di persone oltre che di cose. Lo stesso Stephenson guidò la Locomotion nel viaggio inaugurale… all’eccezionale velocità di 39 km/h. Le sue osservazioni sugli effetti delle salite e delle discese sul rendimento delle locomotive fecero sì che le successive linee fossero costruite su una massicciata, che permettesse loro un percorso pressoché orizzontale.

E anche se l’appena citata linea è la prima vera linea ferroviaria pubblica, per quella che convenzionalmente è considerata tale bisogna aspettare altri quattro anni, e la gara di Rainhill. La locomotiva con cui Stephenson partecipa e vince è la Rocket. La sua vittoria e la sua superiorità rispetto agli avversari sono tali da renderla la macchina più famosa del mondo. Più famosa nonostante nel viaggio inaugurale della linea si assiste al primo incidente ferroviario della storia: un deragliamento con tanto di parlamentare ucciso. Nemmeno questo riuscirà a fermare la fama di Stephenson, anche perché nonostante l’imperfezione le sue macchine sono realmente migliori di qualunque altra macchina coetanea, e la sua esperienza è imparagonabile: ha già all’attivo oltre 50 locomotive realizzate. Stephenson diventa uno standard, un riferimento. In realtà è un conservatore, non compie grandi azzardi o sviluppi molto spinti. Molto presto altri, suoi stessi apprendisti, lo supereranno. Morirà nel 1848 e sarà il figlio Robert, anch’egli famoso ingegnere ferroviario, a portare avanti l’attività che già è diventata di famiglia a partire dalla lontana Locomotion.


Immagine nella pagina:
Salvatore Fergola, Cerimonia di inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici alla presenza del Re Ferdinando II, 1840 (particolare)

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Ottobre-Dicembre 2007 (Numero 8)

Sala dell'ebrezza, fratelli Muzzi. Palazzo Segni-Masetti, Bologna

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