Avrei dovuto assumere un atteggiamento marziale? Oppure, dato l’aspetto non più giovanissimo, farmi cogliere con lo sguardo perso nei ricordi? Oppure ancora altezzoso e distaccato? Gli scenari più tremendi mi si ponevano davanti. Se i fari che illuminano la statua di Carducci mi avessero abbagliato, come mi pareva di ricordare dall’anno precedente, e se per far risaltare la cosa si fosse fatto uso di un occhio di bue, la situazione si sarebbe ulteriormente aggravata. Immaginavo di mettere un piede in fallo e rotolare in fondo al giardino con lo sguardo del pubblico tutto concentrato su di me e il rischio di rovinare il resto dello spettacolo. Un’angoscia.
Poi, per fortuna, la mia abituale difficoltà nel memorizzare le danze nuove, e poi il pensiero che se il capo era convinto, lo dovevo essere anch’io, mi avevano un po’ tranquillizzato. E poi c’era la questione della barba, così com’era mi faceva somigliare di più al Passator Cortese che all’eroe dei due mondi, per cui ci si doveva mettere mano con l’imperativo di non sbagliare. Così mi sono munito di un libro in cui Garibaldi era raffigurato nella varie età della vita, e con quello sono andato dal barbiere. Non sono mancati nemmeno gli effetti collaterali, l’argomento del giorno mi aveva fatto ricordare l’interesse che aveva suscitato in me la Spedizione dei Mille quando a scuola se ne era parlato, e mi era tornato alla mente che all’epoca avevo fatto una ricerca con le dispense che uscivano con il Corriere dei Piccoli e che da qualche parte doveva esserci ancora. Dall’indagine che ne era seguita la famosa ricerca non si era trovata, ma avevo trovato dell’altro materiale altrettanto interessante, perché mi ero reso conto che all’epoca dei fatti si stava per l’appunto celebrando il primo centenario dell’Unità d’Italia.
Non mi rendevo conto che l’impegno da me assunto, il ritorno di interessi che mi avevano coinvolto emotivamente, gli accenni e i dibattiti su Garibaldi che si vedevano sempre più spesso sugli organi di informazione stavano provocando in me una specie di identificazione con il personaggio in questione.
La ciliegina sulla torta ci finì la sera del Ballo. Tutto era stato detto e provato, le cose dovevano soltanto accadere. Ed io ero il primo a dovermi presentare sulla scena. Eravamo pronti, infrattati fra i cespugli del giardino in attesa di cominciare, qualcuno presentava l’evento al pubblico, la musica cresceva di intensità quando Samuele, con uno sguardo carico di grandi aspettative, mi disse: Vai. Lì per lì non capii, la scena non era illuminata, l’Anita non aveva cominciato a declamare come mi aspettavo, ma al secondo Vai sono partito accompagnato dalla non celata quanto benevola invidia di Giuseppe.
Lo spazio che avrei dovuto percorrere per arrivare al monumento e quindi in scena era un viottolo buio di alcuni metri in leggera salita. Poteva essere la salita al podio come al patibolo, l’apprensione stava producendo i suoi effetti quando finalmente, raggiunto lo spazio scenico, mi accorsi con sollievo che le luci non mi avrebbero abbagliato. La mia apparizione doveva essere breve ma le istruzioni erano tante: dovevo passare dietro l’Anita che recitava, avanzare a piccoli passi, non dondolare le braccia, guardare il pubblico con sguardo fiero e deciso, fermarmi all’udire Giuseppe, guardare l’Anita, riprendere la passeggiata alle parole amore mio, rifermarmi appoggiando un piede su di un muricciolo in atteggiamento leggermente spavaldo e riprendere la deambulazione per raggiungere mia moglie che con il resto della truppa sarebbe entrata in scena. Ebbene è andata che le consegne si sono compiute.
Immagine nella pagina:
Andrea nei panni di Garibaldi, Foto Gino Rosa