Lo spazio da percorrere era sufficientemente largo ma era pur sempre elevato, il fondo leggermente sconnesso percorso con le scarpe da danza non mi assicurava molto equilibrio e certamente non potevo appoggiarmi al monumento, le gambe un po’ provate da due settimane di intensi allenamenti mal si adattavano ai piccoli passi e poi le parole chiave che dovevano determinare la sosta e la ripartenza erano arrivate dove non me le aspettavo per cui avevo dovuto riconsiderare il percorso, ma di queste cose mi sono accorto solo io e così tutto è andato bene. Insomma, il battesimo del fuoco era stato fatto, sia pure nella scena, per gli astanti, Garibaldi lo ero stato, e poi le piccole tribolazioni vissute avevano contribuito affinché un pochino del personaggio mi si appiccicasse addosso.
Poi ci sono state le repliche, certamente meno coinvolgenti, gli spettatori erano meno numerosi e attratti più dalla frescura di una serata all’aperto che dal tema dello spettacolo. Il pubblico però era più vicino e la mancanza dello splendido scenario che costituisce il giardino Carducci faceva confluire l’attenzione tutta su di me che mi sforzavo, per quanto possibile, di essere più credibile.
Anche nella vita privata il mio Garibaldi veniva spesso coinvolto. Per esempio, con l’avvicinarsi della data che commemorava il duecentesimo anno della nascita, i dibattiti in televisione si moltiplicavano e fra gli intervenuti non mancavano i detrattori, che finivano per provocare in me un minimo di risentimento. A Cesenatico era successo che mentre aspettavamo il nostro turno all’Osteria degli Inseguiti, tipico locale sito nella casa sul porto dove una lapide annuncia di aver ospitato Garibaldi mentre con Anita morente fuggiva dalle truppe austriache, io e mia moglie ci eravamo seduti, forse non tanto casualmente, sotto il monumento appunto di Garibaldi nella piazzetta del centro storico. Ebbene, molti fra i passanti mostravano con lo sguardo di aver colto il collegamento, tanto che qualcuno me lo ha anche detto.
Alla replica del Ballo di Saludecio, c’erano accampati nel paese dei figuranti in costume da garibaldino che mi avevano fatto sentire uno strano sentimento di appartenenza. Noi ci si scherzava sopra, ma i fucili che portavano a tracolla sembravano originali e le baionette innestate avevano un aspetto inquietante al pensiero che qualche buco nella pancia potevano averlo fatto. In quell’occasione l’Anita era cambiata e qualche collega buontempone mi aveva accusato di aver sciupato la prima.
L’anno sta per finire, ancora poche settimane poi dovrò togliermi di dosso la presenza di questo ingombrante personaggio. Sarà doloroso? Si dice che il trauma della nascita sia simile a quello della morte, perché con la morte è come rinascere a nuova vita. Assumere Garibaldi è stato impegnativo, portarlo è stato esaltante, lasciarlo sarà la contentezza di esserlo quasi stato, poi sarò pronto per un’altra avventura.