Carlo Brighi, lo Strauss di Romagna

di Augusto Battaglini

Molto opportunamente Zaclèin fu chiamato lo Strauss di Romagna, per la compostezza ed organicità del componimento musicale, per la maestria e l’inconfondibile mimica con la quale suonava la sua musica. Non ebbe allievi perché non aveva sufficiente pazienza per insegnare; ebbe degli interpreti, uno dei migliori suo figlio Emilio e un continuatore, il maestro Casadei.

Carlo Brighi col suo violino (Miniatura 219x320 px)Nel numero 15 del 1° luglio 1912 della rivista Il Plaustro, Quindicinale di informazione romagnola, l’allora direttore Aldo Spallicci, nell’articolo E' Zaclen dava un’affettuosa e colorita descrizione fisica di Brighi e della sua musica: Un bel faccione aperto e schietto su cui si sia posato un pensiero molesto, lievemente chino sul legno armonioso del suo istrumento, due mani grassoccie e robuste che sanno meravigliosamente essere agili e nervose, e sulla sensibile tastiera del violino e sull’estremo dell’arco; io l’ho sempre dinanzi agli occhi così. Issato sopra la tribuna dei conferenzieri, nella cameraccia, emerge sopra il panno rosso che maschera il rozzo legno del parapetto, quella sua gran testa calva accanto ai suoi uomini d’orchestra. Giù si sfrena l’orgia dionisiaca del ballo campestre che vorrebbe continuare inesauribilmente e da cui sorge, nel lieve intervallo di riposo, il grido, divenuto ormai proverbiale, che sa più di comando che di invito ‹‹Taca Zaclèn!››. Egli resta là imperturbato quasi in ascolto di nuove trame di melodia che gli cantino dentro nel cuore, mentre l’ampia fronte è solcata da due profonde rughe verticali di pensiero che danno a volte al suo viso un aspetto tra il serio e l’arcigno, mentre le dita corrono, balzano, tremano su questa o quella corda quasi ognuna avesse un’anima propria ed un proprio cervello. E le note, quelle note di valzer che hanno sì magico potere sui cuori e... sui piedi dei ballerini da far sì che questi sian condotti irresistibilmente alla danza e sian cullati quelli in un dolce ritmo di malinconia, piovono come fresche acque sui corpi travolti dal ballo. Quelle sue spalle poderose, quell’ampio torace e quell’aspetto suo da ben pasciuto agente di campagna non vi farebbero certo pensare al magico suonatore di violino ed al geniale creatore di centinaia e centinaia di composizioni musicali per il ballo. Egli è della tempra degli uomini nostri, valente e modesto. I circoli politici e non politici di città e di campagna fanno a gara per averlo nelle loro feste a qualunque prezzo e sono altamente orgogliosi di poterlo annunciare sì che cresca perciò la fama del circolo nell’estimazione del pubblico. Qui, tutta la gloria di Carlo Brighi, il popolarissimo Zaclèn. Tutta la Romagna lo conosce e lo ammira, perché il solo suo nome suscita in tutti lieti ricordi di gioia, perché unitamente al suo nome corre inavvertito al labbro il motivo di un qualche suo celebre valzer pieno di sentimento e di passione.

L’età spinse il Maestro a creare nel 1910 una sala da ballo stabile a Bellaria, parzialmente ricavata dalla propria abitazione. Il famoso e frequentatissimo Salone Brighi, antesignano delle balere, definito Una semplice struttura coperta da un tendone dove suona un’orchestra degna di una sala dorata. Era altresì nota la sua fervente passione politica: amico di Andrea Costa, fu tra i primi aderenti al Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna.


Immagine nella pagina:
Fotografia di Carlo Brighi col suo violino

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Ottobre-Dicembre 2009 (Numero 14)

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Carlo Brighi, Spartito di Manfrina del 1893

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