La ricerca scientifica sulle malattie delle piante e lo sviluppo nell’arco del ‘900 dell’industria chimica hanno portato, da un lato ad una produzione più costante e per certi versi più sana, dall’altro all’allontanamento della produzione vinicola da un concetto di naturalità.
Ma che cos’è un vino naturale? Molti, conoscendo il mio interesse in tal senso, mi fanno questa domanda. E a dire il vero me la sono fatta tante volte anch’io: soprattutto il giorno dopo aver bevuto una bottiglia di vino che recava in etichetta il marchio di una certificazione biologica importante ed insospettabile e, ciononostante, essere costretto a sopportare un pesante mal di testa dovuto all’anidride solforosa contenuta nel vino stesso.
Partiamo dalla domanda principale: che cos’è un vino?
Dal punto di vista strettamente tecnico la risposta può essere semplice; una soluzione idroalcolica frutto della fermentazione totale o parziale del frutto della vite (vitis vinifera), l’uva.
Quindi il punto di partenza dal quale distinguere un vino qualsiasi da un vino naturale è il prodotto di origine; l’uva. Come viene prodotta l’uva con cui è fatto il vino?
Oggi che la sensibilità ambientale è sempre più diffusa, ma queste cose i viticoltori tradizionali le dicono da anni, diventa importante anche l’osservazione dell’ambientazione del vigneto nel territorio. Se nell’impianto di un vigneto si è scelto di abbattere un bosco, o di spianare una collina per migliorare l’esposizione ai raggi del sole delle viti, è evidente che si è costruito un sistema ecologico più debole che, perlomeno, avrà bisogno di tempo, di molto tempo, per riadattarsi alle nuove condizioni. I parassiti della vite possono essere combattuti in diversi modi, non escluso lo sfruttamento di ambienti limitrofi come i boschi, che possono rappresentare un ambiente più interessante per la loro vita.
Nessuno ha più dubbi sul fatto che l’utilizzo di diserbanti per tenere pulite le campagne porti a danni importanti, sia direttamente sui prodotti che vengono coltivati, che indirettamente per il conseguente inquinamento delle falde acquifere. Eppure l’industria chimica continua a produrne e venderne in quantità. Per non parlare di tutti gli altri prodotti di sintesi che vengono utilizzati per prevenire e curare le malattie del vigneto. Spesso i trattamenti vengono fatti in maniera preventiva senza tenere in considerazione la reale necessità, con un conseguente spreco, immettendo nell’ambiente sostanze quantomeno inutili, se non dannose.
Molti coltivatori tentano di recuperare sistemi di trattamento tradizionali o si avvicinano a metodologie biologiche, quando non biodinamiche, per tentare di minimizzare l’impatto del loro metodo di produzione sulla natura.