Il Bassi e il disertore milanese Giovanni Livraghi furono arrestati, incatenati e trasportati a Bologna. Presi
con armi alla mano nel territorio Pontificio, perciò giudicati colpevoli, furono caricati su una
biroccia a Comacchio. Ugo Bassi non indossava l’abito talare, era semplicemente vestito di nero con un cappello rotondo.
Attraversarono Medicina e Castenaso e giunsero a porta San Vitale, dove seguirono la strada di circonvallazione per giungere, all’imbrunire, fuori Porta Saragozza, a Villa Spada, dove era il comando supremo del generale di cavalleria Gorzkowsky. Il Bassi era irriconoscibile,
stanco e assetato per la lunga traversata compiuta sotto il sole cocente, ma gli fu impedito di accettare un po’ di vino offertogli da un nostro concittadino presente per caso, e fu stato costretto a bere in un trogolo d’acqua sudicia.
Dopo di che fu cacciato, col compagno, in un’oscura cella.
Prima di essere trasportati dentro le Carceri della Carità, al Bassi fu concesso di salutare la sorella Carlotta Bisi. Sembra che Bassi l’abbia confortata e assicurata che lui ed il camerata Livraghi fossero privi di armi all’atto dell’arresto.
Cosa vuoi che facciamo? Queste sono le parole con cui si rivolse alla sorella, poi qualche parola ai soldati, ma lo strapparono dalle braccia di lei, la quale fu allontanata a viva forza.
Nelle carceri della Carità, in via San Felice, Bassi e Livraghi furono interrogati dall’Uditore Militare del Reggimento,
che dovette fare la sua relazione al Tribunale, tenendo conto delle prove a carico come quelle a discarico. Pernottarono in questa cella e alle 11 del giorno seguente, l’8 agosto appunto, i due detenuti furono ricondotti a Villa Spada.
Ivi fu letta ai due la sentenza di condanna alla fucilazione - per essere stati colti in armi. Ugo, rassegnato, riconfermò la propria innocenza e si accinse a compiere i doveri di Religione, ma gli fu rifiutato il Viatico, e gli fu pure negato un foglio di carta, dove desiderava scrivere un saluto a Bologna e le proprie ultime novità.
Quando fu arrestato gli oggetti che Padre Bassi possedeva erano: un breviario, un involto di pelle con carte, due camicie ed un fazzoletto di seta colorato. Il breviario fu carpito dalla polizia, le carte consegnate alla sorella, le due camicie lasciate in dono alle due sentinelle tedesche nella prigione, e in quanto al fazzoletto il Bassi disse, prima di essere fucilato:
Questo fazzoletto non è mio, ma bensì del Padre Filippo Agostiniano e ditegli che questo riasciugò le lagrime della mia agonia. Da parte dei preti nulla della volontà del Martire fu eseguita; se non che dopo diversi mesi, dietro ricerche fatte dalla sorella al curato della Carità, il fazzoletto venne spedito a Palermo al Padre Filippo, ma non intatto come si doveva, bensì dopo averlo fatto lavare.
Immagine nella pagina: Il cappello di Ugo Bassi, Museo civico del Risorgimento, Bologna