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Quando il cadavere fu esumato e trasportato a braccia dal luogo del supplizio fin dentro la Certosa, il cappello che era stato posato sul petto al morto, per un sobbalzo dei necrofori cadde al suolo. Era già la notte ed una sola lanterna cieca illuminava con voce fioca la scena; i carabinieri che vigilavano il trasporto insieme al custode dimostratore signor Carlo Sibaud, non si accorsero della caduta. Se ne avvide bensì il Sibaud il quale ad un necroforo che gli stava vicino ordinò di gettare il cappello al di là di una siepe fiancheggiante la strada percorsa dal mesto corteo. Il mattino seguente all’albeggiare il Sibaud andò a raccogliere il cappello del martire ch’egli tanto venereva, lo portò nella sua abitazione, e siccome era lordo di terra e di sangue, lo fece bollire dentro un piccolo paiuolo, poi lo pose ad asciugare al sole nell’orticello attiguo alla sua dimora... Il Sibaud tolse poi il cappello ben asciugato entro a parecchi fogli di carta velina e lo ripose nel suo ufficio…Con profonda venerazione e nel massimo segreto il Sibaud custodì, durante il triste decennio in un remoto ripostiglio del suo appartamento, il cappello… Soltanto dopo il rivolgimento del 1859 lo rese ostensibile agli amici e a qualche ragguardevole visitatore della Certosa…
La manifestazione su Ugo Bassi riprende al Cimitero della Certosa, per ricostruire l’arrivo di Giuseppe Garibaldi in visita alla tomba dell’amico Ugo Bassi.
Garibaldi e Ugo Bassi non si conoscevano peranco ma – Siccome uom per fama s’innamora – s’erano già l’un l’altro innamorati. Si conobbero per la prima volta nel marzo 1849 sul campo militare di Rieti. L’impressione che fece sull’animo di Ugo quell’incontro fu profonda e incancellabile; e Garibaldi in mezzo a un turbinio di uomini e di vicende non poté dimenticare mai il Cappellano della sua Legione ed il suo Aiutante di campo alla cui santa memoria serbò sempre una specie di culto e di venerazione.
Quando Garibaldi visitò la sua tomba, quel 16 agosto del 1859, commemorò la morte dell’amico con una pagina dettata dal cuore ricordando alcune vicende vissute insieme:
Bassi si riunì alla prima legione italiana a Rieti. Cappellano maggiore dell’esercito romano, ei volle servire nella legione da semplice soldato. Uomo valoroso, assisteva ai combattimenti disarmato, preferiva un focoso cavallo, e siccome forte e svelto della persona cavalcava egregiamente. Nei conflitti, il più forte della mischia era il suo posto, ove la sua cura primiera era il trasposto dei feriti. Il suo cavallo, le sue spalle, servivano sovente al pietoso officio. La sua voce animatrice udivasi spesso nella battaglia. Il 30 aprile, Bassi rimaneva prigione de’ Francesi per non abbandonare un ferito, ad onta delle sollecitazioni de’ nostri. Il petto di Bassi portava segni d’onorevoli cicatrici. I suoi panni erano forati da palle nemiche. Aiutante mio in varie fazioni, io poteva difficilmente trattenerlo vicino a me. Sovente mi diceva egli con quella sua angelica ingenuità: Io voglio chiedervi una grazia; mandatemi ne’ luoghi, alle commissioni di maggior pericolo. — Bassi! Masina! ...Quando Bologna non vi erga una statua coi piedestalli che sostengono i simulacri delle sozzure e delle nostre vergogne, o sarà schiacciata sotto il peso di barbare dominazioni o di Bologna non si troveranno nemmeno le vestigia! Bassi accompagnò la legione; ovunque la sua parola potente affascinava le popolazioni — e se Dio avesse ultimate le sciagure d’Italia, la voce di Bassi avrìa trascinato le moltitudini sui campi di battaglia! All’Italia, tornata al cimento, Dio non tolga la favella d’un Bassi! — Egli non vacillò ad accompagnarmi nell’ultima prova, quando la speranza di difendere l’immortale città era svanita. Egli s’adoprò meco a rialzar lo spirito de’ nostri compagni, abbattuto dalla mancanza de’ prodi morti o feriti. — Io lo chiamai nella mia barca a Cesenatico, ove la fortuna ci sorrise per l’ultima volta. Quale sorriso di congedo! Nella barca fatale quali persone io guidavo! Bassi, Ciceruacchio e due figli, e la donna dell’anima mia! Bassi, Anna, cadaveri all’altro giorno! ...Ciceruacchio ed i figli smarriti nelle foreste di Ravenna e perseguitati come belve! Bassi sbarcò meco nella Mesola ed a pochi passi dissemi: Io ho pantaloni rossi (li aveva indossati per mancanza d’altri) e posso compromettervi: vado in cerca di cambiarli. Io sorreggeva la mia compagna spossata, morente, senza un sorso d’acqua dolce per calmare la sua sete. Bassi s’incamminava, io lo vedevo allontanare con indifferenza. Era schiaccialo dalla soma delle sciagure... e Bassi si incamminava al supplizio!
FINE.
Immagine nella pagina: A. Lanfredini, La fucilazione di Ugo Bassi (particolare)